Ogni 25 aprile l’Italia celebra la liberazione dal nazifascismo. Conosciuta anche come Festa della Liberazione, ci ricorda ogni anno l’impegno e il sacrificio delle truppe partigiane. Molti considerano il 25 aprile come il giorno in cui la guerra ebbe fine, ma non è così.
La scelta di questa data, infatti, è simbolica e coincide con un momento di svolta della lotta partigiana. Iniziata con la firma dell’Armistizio di Cassibile, la resistenza ha combattuto spesso nell’ombra, senza sosta, tra i monti, tra i boschi, con mezzi di fortuna e il sostegno del popolo. Il 25 aprile del 1945, qualche giorno prima dell’arrivo degli alleati nelle varie città d’Italia però, il comando del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati.
L’ordine era chiaro: tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia dovevano attaccare e costringere alla resa tutti i presidi fascisti e tedeschi ancora operativi; allo stesso tempo, sempre il CLNAI, emanava un decreto in cui assumeva i poteri «delegato dal solo Governo legale italiano, in nome del popolo italiano e dei Volontari della Libertà” e un altro in cui, tra le altre cose, condannava a morte tutti i gerarchi fascisti.
Il 25 aprile rappresenta l’apice dello sforzo militare della resistenza, ma anche l’inizio della fase di costruzione dell’Italia così come la conosciamo oggi. Una fase che portò prima al referendum per scegliere tra Monarchia e Repubblica e poi alla nascita della Repubblica Italiana e infine alla stesura della Costituzione.
Ma c’è davvero ancora bisogno del 25 aprile? Si, ora e sempre. Perché la memoria dei popoli è breve e la storia ha purtroppo il brutto vizio di ripetersi. Per questo, e anche perché in molti hanno provato a relegarla a festa retorica, e in troppi nelle istituzioni hanno tentato un maldestro revisionismo.
Il 25 aprile è una giornata da celebrare: per ricordare gli uomini e le donne che hanno lottato e perso la vita, per dire grazie a coloro che sono sopravvissuti e hanno donato le proprie storie e il proprio dolore anche, affinché la memoria fosse viva e puntuale. E per tenere il conto degli anni, che sono solo 78, da quel 25 aprile del 1945. Settantotto anni, nell’immenso libro della storia, sono un battito di ciglia. Troppo pochi per accantonare l’orrore. Troppo pochi per considerare debellato il virus del fascismo, troppo pochi per raccontarci che sia tutto molto lontano.
In Italia, come in Europa, anno dopo anno osserviamo la rinascita e l’avanzata elettorale di gruppi neofascisti: il germe del fascismo è insito nell’uomo e solo un lavoro continuo di educazione, istruzione e racconto della storia può tenerci al riparo da scenari tanto bui quanto realistici.
C’è bisogno di spiegare ai bambini la storia, di insegnare l’accoglienza ed educare al porsi le domande corrette. In un momento storico in cui si usano termini come “sostituzione etnica”, per spaventare l’opinione pubblica e far sì che si senta minacciata dalle migrazioni, lo spettro della “difesa della razza ariana” di un tempo non sembra poi così sbiadito.
Barletta, città premiata con la Medaglia d’oro al Valore Militare e al Merito Civile, celebra il 25 aprile vestendo con tricolori al vento le strade principali della città. Inoltre, nell’arco della giornata, si svolgeranno moltissime iniziative per ricordare e rendere omaggio a chi ha coraggiosamente combattuto e dato la vita per un futuro di libertà.