«Negli anni passati la città di Barletta ha assistito a una accelerazione dell’espansione urbanistica abnorme con la realizzazione di migliaia di nuovi alloggi destinati a coloro i quali non erano in possesso della prima casa». Inizia così l’intervento di Giuseppe Di Bari e Raffaele Patella, referenti del comitato di quartiere zona 167 di Barletta.
«Un “boom” edificatorio di straordinarie proporzioni, dunque, ma che attraverso una semplice somma algebrica tra il numero famiglie effettivamente in possesso del requisito per accedere all’ottenimento della prima casa attraverso la legge 167 e il numero di alloggi affettivamente realizzati, fa emergere un evidente squilibrio con un cospicuo surplus di alloggi, evocando inevitabilmente ombre speculative, oltre che di oltraggio all’ambiente.
Il consumo del territorio è un fenomeno che troppo spesso ha caratterizzato e condizionato la vita della città di Barletta, a scapito della realizzazione di spazi verdi e aree destinate alle attività ludico-sportive e di socialità. Negli ultimi tempi il fenomeno della cementificazione si è ulteriormente arricchito di inaspettati nuovi escamotage legalizzati, “omaggiati” da un pesante periodo emergenziale per il Paese intero, rappresentati dai vari bonus che, nei “combinati disposti” amministrativi, hanno prodotto nuovi manufatti e quindi nuovi alloggi, palesemente destinati a una speculazione più che a una affettiva esigenza abitativa.
In queste ore, nella già pesantemente cementificata zona 167, sta per prendere avvio l’ennesimo cantiere per nuove abitazioni, come se le centinaia in surplus già esistenti non esistessero, sul tristemente noto terreno destinato al famigerato Centro di Raccolta Rifiuti in via Palmitessa, dove grazie a una variante urbanistica legata al “contratto di quartiere” – quindi tutto legalmente previsto – nasceranno nuovi palazzi in luogo di una auspicabile area verde e magari attrezzata per le migliaia di residenti che da anni ne chiedono la realizzazione.
Ma come è evidente, talvolta, ciò che è legalmente realizzato, banalmente non corrisponde alle aspettative dei cittadini che, come in un moto perpetuo, continuano a vedere disatteso il sacrosanto diritto a un ambiente più salubre. In un tempo di crisi climatiche che richiederebbero ben altri percorsi urbanistici, in una città dove il verde è considerato, evidentemente, un costo evitabile e non un investimento per la comunità si preferisce “soffocare” il territorio urbano anziché dargli “ossigeno”.
Andando oltre ogni forma di qualunquismo, ma restando fedeli a una evidente oggettività: i cittadini acquisiscono progressivamente la consapevolezza di quali sono i reali interessi che dominano la vita della comunità barlettana, ma che certamente non corrispondono a quelli della collettività».