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Salario minimo, Tribunale di Bari per primo applica il “salario costituzionale”

Il Tribunale di Bari, primo in Italia, ha ritenuto inadeguata e insufficiente la retribuzione di un lavoratore, nonostante percepita sulla base del Contratto collettivo nazionale

Il dibattito politico sull’introduzione del salario minimo potrebbe essere superato per via giudiziaria. Infatti, dopo la sentenza della Corte di Cassazione del 2 ottobre scorso che ha ribadito il principio del “salario minimo costituzionale”, il 17 ottobre il Tribunale di Bari, primo in Italia, ha ritenuto inadeguata e insufficiente la retribuzione di un lavoratore, nonostante percepita sulla base del Contratto collettivo nazionale dei servizi fiduciari, e condannato pertanto il suo datore di lavoro ad applicare un altro trattamento retributivo.

In Parlamento la proposta di legge unitaria delle opposizioni, con la quale si chiede una paga oraria non inferiore ai 9 euro, presentata da Pd, M5s (primo firmatario l’ex premier Giuseppe Conte), Azione, Più Europa, Verdi-Si (non Italia Viva), alla luce del parere negativo del Cnel è stata rinviata in Commissione Lavoro. Decisione criticata dalla segretaria del PD Elly Schlein con queste parole: “La vostra scelta è pavida oltre che cinica. Abbiate il coraggio di fare un dibattito in Aula e, se siete contrari, di votare contro”.

“Buttate la palla in tribuna sfruttando il Cnel per compiere il delitto perfetto – ha detto in Aula Giuseppe Conte – per rinviare in commissione e far morire lì”.

Se in Parlamento quindi la proposta arranca, i giudici sembrano invece avere le idee più chiare. Base di partenza per entrambe le sentenze è l’art. 36 della Costituzione, per il quale “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Principio di rango costituzionale, quindi prevalente su qualsiasi Contratto collettivo nazionale.

Alla luce di ciò, la giudice barese Agnese Angiuli nella vicenda sottoposta alla sua attenzione è giunta alla conclusione che “deve affermarsi la inadeguatezza della retribuzione corrisposta al ricorrente sulla base del contratto applicato, rispetto al parametro costituzionale”. Per determinare la retribuzione adeguata, quindi, la giudice ha preso a riferimento i contratti collettivi usualmente applicati per disciplinare mansioni identiche a quelle del lavoratore e ha deciso di applicare quello per i dipendenti da Proprietari di Fabbricati che stabilisce una retribuzione che appare, “anche alla luce degli importi previsti dal legislatore per il beneficio assistenziale del reddito di cittadinanza, un parametro, oltre che coerente, congruo e ragionevole ai fini di determinare una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato dal ricorrente e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa”.

Decisione che ha suscitato il plauso delle forze politiche di centrosinistra in Puglia: “Mentre il Governo nazionale rimanda in Commissione la proposta di legge unitaria delle opposizioni sul salario minimo, dal Tribunale di Bari arriva una sentenza che apre nuovi spiragli e che rende di fatto realtà tale provvedimento. Secondo i giudici, infatti, non è sempre detto che una retribuzione prevista dal contratto collettivo sia giusta e adeguata.

Sin dall’inizio abbiamo, come Partito Democratico, sottolineato quanto fosse importante dare un salario dignitoso a oltre 3 milioni di lavoratrici e lavoratori e approvare una legge che, oltre ad essere di buon senso, è socialmente giusta.

La battaglia che in questi mesi di estate militante abbiamo portato avanti e che qualcuno ha snobbato, era ed è, anche alla luce di tale sentenza, una battaglia sacrosanta che ha raccolto milioni di sottoscrizioni e che continueremo a portare avanti nelle piazze e nelle aule istituzionali. Lo dobbiamo a quanti ogni giorno sono sottopagati e sfruttati. Ai più deboli. A quanti chiedono un lavoro dignitoso che consenta loro di costruire famiglia e un futuro dignitoso.

Spiace constatare come il Governo, oltre ai suoi vuoti slogan, non sia stato capace neanche di avviare un confronto serio e franco su un tema tanto delicato quanto urgente, a riprova della sua totale miopia.

Questo accade quando non si riesce a guardare al di là del proprio naso, quando non si ha una visione di Paese. Governare però, cara Giorgia, è un’altra cosa!” dichiara la pugliese Adalisa Campanelli, componente della Direzionale nazionale del PD.

“La scelta del Governo di rimandare in Commissione la proposta di legge delle opposizioni per l’istituzione del salario minimo ha dell’incredibile. Meloni & Co. non solo stanno affossando un provvedimento di giustizia sociale, certificando il totale scollamento dalla realtà, ma stanno dimostrando – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che la lotta al lavoro precario e povero non è tra le priorità. Di fronte a oltre 3 milioni di lavoratori che nel nostro Paese guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora, le istituzioni tutte sono chiamate a uno slancio di responsabilità e dare ognuna il proprio contributo. Per questo rivolgo un appello alla Presidente del Consiglio regionale e a tutti i capigruppo affinché si discuta quanto prima la mozione sul salario minimo di cui sono primo firmatario e che reca la firma dei Consiglieri di maggioranza. Sono i cittadini a chiederlo” dichiara Pierluigi Lopalco, consigliere regionale PD.

 

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