Il 2 novembre è la Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti e per farvi un’idea di quanto questa ricorrenza sia necessaria vi basti sapere che solo in questi primi venti giorni di conflitto tra Israele e Hamas sono morti circa 30 cronisti nell’esercizio della loro professione, e che nessuno pagherà per questo crimine che Reporter Senza Frontiere ha definito, senza mezzi termini, un ulteriore crimine di guerra.
L’articolo 79 della Convenzione di Ginevra afferma che “i giornalisti nelle zone di guerra devono essere trattati come civili e protetti come tali, a condizione che non prendano parte alle ostilità”, nonostante questo però, il 27 ottobre, Israele ha dichiarato che non avrebbe garantito la sicurezza dei giornalisti a Gaza.
Indipendentemente dalla stretta attualità, comunque, gli attacchi verso gli operatori dell’informazione sono troppo frequenti e troppo spesso impuniti. Questo non lede solo i giornalisti in prima persona, ma si configura come un attacco alla libertà di stampa e al diritto ad un’informazione libera e plurale, che dovrebbero essere ormai diritti acquisiti per la popolazione mondiale ma che invece sono sempre meno garantiti, anche nelle cosiddette “democrazie occidentali”.
Senza tornare sui conflitti attualmente in corso in Ucraina e Medio Oriente, infatti, ci basta andare a Malta, dove la giornalista Daphne Caruana Galizia è stata uccisa nel 2017 da una bomba nella sua auto a causa del suo lavoro d’inchiesta sui legami tra i laburisti e la criminalità locale. I suoi assassini sono stati individuati e processati, ma sono ancora troppi i lavoratori dell’informazione che perdono la vita e le cui morti non trovano giustizia.
Il diritto a svolgere il proprio mestiere in sicurezza e il diritto dei cittadini di avere accesso ad un’informazione libera sono il motivo principale per cui nel 2013 è stata istituita la Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti. L’episodio scatenante è stata l’uccisione di due giornalisti in Mali, ma già quattro anni prima, nelle Filippine, c’era stato il più grave attacco ai giornalisti della storia: più di trenta cronisti, infatti, erano morti nel massacro di Maguindanao.
Da allora le Nazioni Unite chiedono con fermezza a tutti gli stati membri un impegno maggiore e inflessibile innanzitutto nell’applicazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, e poi nell’avviamento di un progetto condiviso che porti alla tutela di tutti gli operatori dell’informazione e ad un corretto accertamento delle responsabilità in caso di aggressioni e attacchi mortali ai loro danni.
Ogni attacco a un giornalista, ad un operatore, ad un organo di stampa è un attacco frontale alla democrazia, e come tale va perseguito e punito, e non derubricato a rischio collaterale.