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Criticità e conseguenze delle molestie e violenze sul lavoro

È da molti anni ormai che si parla di molestie e di violenze sul posto di lavoro, solo nel 2019 la FILO (Organizzazione Internazionale per il Lavoro dell’ONU) ha definito chiaramente il significato di queste azioni. Per “violenza e molestie” nel mondo del lavoro si identificano un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili (o la minaccia degli stessi) sia in un’ unica occasione sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, inclusa la violenza e le molestie di genere. L’espressione “violenza e molestie di genere” indica la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere, comprendono le molestie sessuali.

Sostanzialmente, le molestie e la violenza di genere si espletano in tre ambiti principali che colpiscono la sfera personale di coloro che le subiscono nell’ambito fisico, psicologico e sessuale. Allo stesso modo, rientrano tra le molestie sessuali tutti quei comportamenti che nascono o scaturiscono dal lavoro, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante o offensivo.

Possono manifestarsi con atti, gesti e parole, per es. commenti sull’ aspetto esteriore di colleghi/e; molestie poste con sms, messaggi vocali, foto; affissione o esibizione di materiale pornografico sul luogo di lavoro; avances in cambio di vantaggi o minacce di svantaggi; inviti indesiderati con un chiaro intento sessuale; contatti fisici indesiderati; osservazioni e barzellette che riguardano le caratteristiche, il comportamento e l’orientamento sessuale di donne e uomini.

I comportamenti configurabili come molestia sessuale possono dunque essere molto vari, ma sono sostanzialmente caratterizzati dal fatto di avere una base direttamente o indirettamente sessuale e dal fatto di non essere né desiderati né graditi da chi li subisce. Si tratta di comportamenti che ledono la dignità, la libertà e il benessere psicofisico della persona, che possono causare forme di ansia e disagi psicologici anche molto gravi, riflettendosi negativamente sulla vita personale e lavorativa della vittima.

Anche se la casistica conosciuta fa emergere una prevalenza di episodi nel sesso femminile, sia donne che uomini possono essere oggetto di molestia sessuale. Gli ambienti maggiormente a rischio sono nel settore dei servizi, in particolare settori quali la sanità, trasporti, commercio, ristorazione, settore finanziario e istruzione.

Tra le categorie più a rischio di violenze: infermieri e altri operatori sanitari, tassisti, personale delle stazioni di servizio, cassieri, agenti di sorveglianza, ufficiali di polizia, assistenti sociali e responsabili di alloggi popolari. Sebbene i singoli atti di violenza possono essere imprevedibili, è possibile individuare dei fattori di rischio comuni: persone addette alla manipolazione di merci, denaro contante e oggetti di valore; lavori svolti in condizioni di isolamento; lavori d’ispezione, di controllo e più in generale funzioni che comportano esercizio “d’ autorità”; contatti con alcuni tipi di clienti (persone che richiedono prestiti), pazienti con precedenti di violenza o patologie associate a violenza, individui sotto l’effetto dell’alcool o di droghe.

Nel tempo la violenza si è gradualmente estesa dalle banche alle farmacie, ma anche tra i lavoratori di trasporto urbano e dei servizi pubblici, e purtroppo recentemente sono diventati “bersaglio” di violenze anche figure come pompieri e medici in servizio di guardia notturna. I dati INAIL, che raccolgono gli infortuni sul lavoro del personale in corsia, nel 2022 contavano più di 1.600 casi, in netto aumento rispetto al biennio 2020-2021. L’INAIL precisa che si tratta di dati parziali, poiché in questi numeri non rientrano lavoratori come i medici di famiglia o la guardia medica. Su 10 aggressioni, più di 7 sono contro personale femminile, le donne rappresentano oltre il 70% degli infortunati. Le figure più colpite sono i tecnici della salute (infermieri e fisioterapisti), seguiti dagli operatori socio-sanitari con circa il 30% e da quelli socio-assistenziali con oltre il 16%, i medici circa il 3%. Frequentemente gli aggressori sono pazienti o parenti degli stessi.

Le conseguenze per il singolo variano notevolmente, dalla demotivazione allo svilimento del lavoro svolto, allo stress (ciò vale anche per chi è indirettamente vittima, chi assiste all’episodio di violenza), ai danni alla salute fisica o psicologica. Possono essere presenti sintomi post traumatici come paure, fobie, attacchi d’ansia e disturbi del sonno. In generale la vulnerabilità del singolo varia a seconda del contesto in cui si verifica la violenza e delle caratteristiche individuali della vittima. Nei casi di violenza fisica, i fatti sono facili da accertare, mentre è più difficile prevedere come la vittima reagirà ad atti reiterati di violenza psicologica.

La violenza fisica, verbale o psicologica ha ripercussioni sull’intera organizzazione in quanto è difficile per chi lavora dare il meglio in un ambiente dominato dal timore e dal risentimento. Gli effetti negativi sono il maggiore assenteismo, la perdita di motivazione e produttività, deterioramento dei rapporti di lavoro. Chi molesta nuoce non solo alla vittima, ma anche agli altri lavoratori, perché in un ambiente lavorativo in cui il clima delle relazioni è improntato su ricatti, violenza e mancanza di rispetto, tutti lavorano male.

Nell’ambito del sistema sanitario, ad esempio, dove c’è carenza di personale e già in difficoltà prima della pandemia (e la situazione non è migliorata nel post pandemia), le condizioni di tutte le figure sanitare sono nettamente peggiorate, aggredire o molestare un sanitario non farà altro che affossare ancor di più il sistema che si indebolisce giorno dopo giorno.

Se vogliamo ancora “proteggere il nostro sistema sanitario” dobbiamo in primis proteggere tutti coloro che ci lavorano, indipendentemente dal ruolo.

Con affetto

Dr.ssa Francesca Palmitessa

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