La pelliccia è sempre stata sinonimo di potere ed eleganza, un capo molto ambito da tutte le donne che lo vedevano indossato dalle più grandi icone di stile, ma la sua storia ed evoluzione è un po’ complessa.
La pelliccia come capo di abbigliamento è presente fin dall’antichità, quando i primitivi la ricavavano dagli animali cacciati per riscaldarsi. Andando avanti nella storia, la pelliccia è stata l’ornamento degli Dei e degli Eroi greci, ma avanzando con il tempo veniva utilizzata soprattutto dai contadini per ripararsi dal freddo. I persiani furono i primi a rendere questo capo un sinonimo di lusso e potere e da quel momento è diventata uno status symbol per chiunque la indossasse indipendentemente dal fatto che tenga caldi o meno.
Nei primi anni del ‘900 si apre un vero mercato per questo capo, ma la sua realizzazione era molto costosa e ovviamente non accessibile a tutti. Negli anni ’50 si arriva a una rivoluzione: in questi anni, infatti, anche le donne comuni appartenenti ad un ceto medio potevano indossare la pelliccia. Era un oggetto di affermazione di benessere economico, non era ancora per tutti, ma aumentavano le persone che la indossavano. Da questo momento inizia il dibattito più chiacchierato fino ai nostri giorni: se fosse giusto o meno indossare capi ricavati dall’uccisione degli animali.
L’opinione pubblica inizia a dissociarsi dall’uso di questo coprispalle e a voler sensibilizzare gli altri sulla necessità di abbandonare la pelliccia naturale. Nascono svariate associazioni animaliste e nelle varie vetrine, ma anche in passerella, appaiono le pellicce sintetiche che vanno a sdoganare definitivamente questo capo. Tutte le donne potevano averne una, i vari stilisti iniziavano a realizzarne di ogni tipo, forma e colore. Quello che fino a qualche decennio prima era un capo di élite e di affermazione sociale, era diventato un capo per tutti ed ogni donna iniziava ad inserirlo nel proprio armadio.
Messa in salvo la vita degli animali, però, con il tempo è emersa un’altra problematica legata anche ad una maggiore consapevolezza: i materiali utilizzati per realizzarle sono derivati dal petrolio. Tutte le fibre sintetiche e i tessuti acrilici, infatti, sono gli stessi materiali che danno vita al fast fashion, il principale fattore inquinante dei nostri tempi. Per questo motivo si crea un divario tra chi ritiene che salvare la vita degli animali sia importante e necessario e chi ritiene che per questo motivo l’inquinamento ambientale sia aumentato in maniera esponenziale.
Alcuni brand hanno presentato delle soluzioni a questo problema, ad esempio StellaMcCartney nella collezione invernale 2020/2021, ha presentato delle pellicce fur free ecosostenibili in quanto è riuscito a realizzarle con fibre vegetali e materiali complessivamente riciclabili e biodegradabili. Altri brand hanno assecondato l’iniziativa del “fur free” come, ad esempio, il Gruppo Prada, il quale ha annunciato che non farà più uso di pellicce animali, Burberry, Gucci, Chanel, Michael Kors, Versace e Armani.
Oltre ai brand di lusso, anche gli e-commerce hanno fatto la loro parte, come Farfetch che si è impregnato ad eliminare i prodotti che contengono pelliccia o pelli di animali in pericolo di estinzione. La California ha inserito una legge che vieta la manifattura e la vendita di prodotti che contengano pelliccia naturale.
La protesta contro le pellicce naturali nasce già nel 1980, quando negli USA si afferma l’associazione PeTA (People for the Ethical Treatment of Animals) forte di un grande adesione e sempre maggiori moti di attivismo, a seguire negli anni ’90, anche top model come Naomi Campbell e Christy Turlington hanno partecipato a delle campagne di sensibilizzazione per questa associazione.
A nostri giorni al problema etico quindi, si aggiunge quello ambientale causato dal fast fashion. Il dibattito tra i sostenitori delle materie prime animali e chi le condanna resta acceso, ma sicuramente in entrambi i casi le conseguenze per il nostro pianeta sono disastrose. Bisognerebbe riuscire a trovare una soluzione ecologica sfruttando le nuove tecnologie per realizzare dei tessuti biodegradabili senza andar a ledere degli animali ed evitare di apparire, in un caso o nell’altro la spregiudicata e senza scrupoli Crudelia De Mon.
Rosanna