È l’emblema di una lotta alla mafia fatta di denunce, di verità scomode e di voci ribelli. Dai microfoni della sua “Radio Aut” derideva i boss siciliani. Non aveva paura del “sistema”, Peppino Impastato. Lui che era figlio e nipote di mafiosi, riuscì a rompere il muro dell’omertà che si ergeva nella sua Cinisi. Attivista, giornalista e militante demoproletario, sfidò con la parola i limiti di Cosa Nostra, ben consapevole del prezzo che avrebbe dovuto pagare.
Oggi, 46 anni dopo il suo omicidio per mano mafiosa, la forza delle sue idee non è affatto affievolita. In tanti ne difendono la memoria, il 9 maggio più che mai. Nell’anniversario della sua morte migliaia di giovani continuano a ricordarlo, ripercorrendo con coraggio i suoi “Cento Passi”.
A commemorare Peppino, a Barletta, è il presidio di “Libera” che da due anni a questa parte si mobilita con l’iniziativa “Pensieri Aut”. Un’occasione pensata per dare a tutti la possibilità di esprimersi attraverso poesie, monologhi, pitture, canti e danze.
Una vera e propria chiamata alle arti, organizzata ieri sera al Parco dell’Umanità, a cui hanno risposto in molti: studenti, giovani attori, professionisti, ma anche semplici cittadini. Obiettivo della serata quello di dare libero sfogo ai pensieri e alle idee, rivendicando con forza la libertà di informazione e di espressione tanto messa a dura prova nell’ultimo periodo.
L’evento, realizzato con la collaborazione dell’Arci Cafiero, ha visto anche il coinvolgimento degli alunni della Scuola Secondaria di Primo Grado “Renato Moro”, impegnati in un’esibizione speciale in ricordo di Peppino.
Arte e cultura quindi per dire no alla mafia, per continuare a seguire l’esempio di Peppino Impastato e per non dimenticare la sua lezione più grande: “la mafia si combatte con la bellezza”.