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Caso Vingi Shoes, interrogazione parlamentare dell’on. Mari

L'interrogazione dall’onorevole Francesco Mari, sulla situazione legata alle condizioni dei lavoratori e lavoratrici dell’azienda barlettana Vingi Shoes

In merito alla vicenda dell’azienda di Barletta “Vingi Shoes” e sulla situazione legata alle condizioni dei lavoratori e lavoratrici, l’onorevole Francesco Mari (alleanza Verdi e Sinistra) ha presentato una interrogazione parlamentare.

Di seguito il testo: “Alla Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle Imprese e del made in Italy, al Ministro dell’Economia e delle finanze – Per sapere – premesso che: a seguito del perdurare della vertenza in corso, le organizzazioni sindacali e i lavoratori e le lavoratrici della Vingi Shoes srl di Barletta, hanno proclamato dal 7 all’11 ottobre uno sciopero con astensione dal lavoro e dall’8 ottobre tengono un sit-in davanti alla sede dell’azienda;

la Vingi Shoes è una realtà affermata a livello nazionale nella produzione di stivali antipioggia e canadesi; le lavoratrici e i lavoratori della Vingi Shoes, circa un centinaio, a maggioranza donne, sono stati costretti a scioperare visto il mancato pagamento da parte dell’azienda dei versamenti ai fondi di previdenza complementare delle quote di trattamento T.F.R. maturato nel corso del rapporto di lavoro nonostante che il 29 giugno dello scorso anno tra la Vingi Shoes ed i lavoratori era stato sottoscritto un verbale di accordo, con il quale la società aveva riconosciuto l’erroneità nella determinazione degli importi del trattamento di fine rapporto, indicati nel modello C.U. impegnandosi a comunicare alla Agenzia delle Entrate il modello C.U. rettificato per ogni singolo lavoratore, cosa che non è mai avvenuta; inoltre, le organizzazioni sindacali sarebbero venute a conoscenza di un atto con cui l’azienda avrebbe venduto tutti i cespiti immobiliari di cui era proprietaria e dal primo ottobre sono in corso le operazioni di dismissione dei macchinari presenti all’interno dello stabilimento di produzione; come ricordano le stesse organizzazioni sindacali, il 29 gennaio scorso la Vingi Shoes ha sottoscritto un verbale di accordo dinanzi ad Arpal Puglia ed ha ottenuto il riconoscimento dello stato di crisi aziendale con i conseguenti benefici della Cassa integrazione straordinaria, che è partita il 4 marzo scorso per 12 mesi;

nel verbale sottoscritto dinanzi all’Arpal Puglia l’azienda si era impegnata ad attuare un piano di rilancio e risanamento che chiaramente sta per essere disatteso visto ciò che sta accadendo dopo solo 8 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria; l’intenzione delle lavoratrici e dei lavoratori della Vingi Shoes è quella di scioperare ad oltranza, sino a quando l’azienda per cui lavorano da decenni non farà chiarezza sul loro futuro occupazionale; quella che sembrava una crisi temporanea si sta rivelando sempre di più in una vera e propria operazione di dismissione della fabbrica senza nessuna garanzia per i 96 dipendenti i quali, dopo aver appreso che il sito produttivo sta cambiando proprietà ed è in via di dismissione e in assenza di alcuna comunicazione ufficiale da parte dell’azienda, temono per il proprio futuro occupazione, facendosi sempre più concreto il rischio che oltre al danno della perdita del lavoro possa aggiungersi la beffa di vedersi ritirata la cassa integrazione -:

se i Ministri interrogati sono a conoscenza di quanto sta avvenendo alla Vingi Shoes di Barletta e quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere perché la proprietà faccia chiarezza sul futuro produttivo dell’azienda e su quello occupazionale dei quasi 100 dipendenti coinvolti, oltre a verificare che l’azienda provveda alla rideterminazione degli importi corretti del trattamento di fine rapporto per ogni singolo lavoratore e lavoratrice, così come si era già impegnata a fare il 29 giugno scorso; quali iniziative di competenza intendano assumere a fronte del moltiplicarsi di crisi industriali che riducono o rischiano di ridurre i livelli occupazionali, in particolare nel mezzogiorno e tra le donne, che rimangono le più penalizzate”.

 

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