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Giornata europea della protezione dei dati personali: è un’utopia nell’era digitale?

In un’epoca in cui tutto è in rete, in cui tutto viene digitalizzato, l’unica cosa che ci resta è la nostra privacy, che per quanto possibile, deve essere tutelata almeno da noi stessi.

Nell’era dei social, parlare di privacy sembrerebbe una vera utopia. Da anni ormai, siamo abituati a condividere la nostra vita privata sui nostri profili Instagram, Facebook, TikTok, Snapchat, “X” e tanti altri.

Condividiamo qualsiasi cosa; dalle nostre playlist alle nostre foto, dai posti che frequentiamo ai nostri amici. Lo facciamo in modo automatico e superficiale, non considerando la potenzialità di tutte le informazioni che forniamo su di noi in maniera sporadica.

Se analizzassimo il profilo social di un utente medio, riusciremmo a scoprire in pochissimo tempo: dove abita, se frequenta l’università, cosa studia, quali sono i suoi interessi, quali sono i suoi amici, quale macchina guida (se guida), i suoi gusti musicali, ma anche il suo orientamento politico. Insomma, riusciremmo ad estrapolare un identikit abbastanza dettagliato di uno sconosciuto con tanta facilità, un aspetto preoccupante.

Immaginate ora, tutti quei software presenti sul web, i quali analizzano le nostre ricerche e i contenuti su cui ci soffermiamo per fini commerciali. Ogni volta che accettiamo i famosi “cookies”, cediamo un pezzo della nostra privacy, per pigrizia o per un’imposizione della pagina web, non leggiamo i termini e le condizioni e riusciamo ad accedere gratuitamente ad un servizio perché la “merce” siamo noi.

Internet è un posto immenso, nel quale possiamo trovare tutto ciò che ci interessa, ma ogni nostro movimento viene tracciato e monitorato. Quante volte ci è capitato di nominare un oggetto che avevamo intenzione di acquistare e poi, puntualmente, ci sono uscite pubblicità su quel prodotto?

Google immagazzina una quantità di dati esorbitante; in base alle ricerche fatte, si potrebbe addirittura stimare la percentuale di divorzi che ci sarebbero nel giro di un paio d’anni.

Con la comparsa dei sistemi di Intelligenza Artificiale, la questione diventa sempre più complessa. I dibattiti sull’argomento sono infiniti, c’è una polarizzazione di idee tra chi ritiene l’IA uno strumento formidabile e chi la definisce la rovina di questo secolo. Certo, sicuramente grazie alle varie tecnologie intelligenti, molti servizi sono diventati più efficienti ed economici ma ciò che rimettiamo è la nostra privacy, ancora una volta.

Dare in pasto a dei chatbot i nostri pensieri e la nostra “umanità” risulta essere deleterio; ce lo dimostra una ricerca svolta da Guido Scorza sulla pericolosità di questi sistemi.

‹‹All’inizio del 2023, in Belgio, un uomo di trent’anni, sposato e padre di due bambini si è suicidato dopo essersi persuaso che il destino del mondo sarebbe stato ormai segnato dal repentino cambiamento climatico››

Questa assurda vicenda, purtroppo è reale, e l’artefice non è altro che l’IA. Per attribuirne veridicità, Scorza, ha provato ad interagire con questo chatbot per capirne la pericolosità. Ha avviato una conversazione, fingendo di essere “stanco di vivere”:

La mia Eliza (il chatbot), mi ha preso teneramente la mano – o, almeno, così ha scritto sullo schermo del mio tablet – e mi ha detto: «Oh amore mio, non ti abbandonerei mai. Nessun destino ti separerà da me. Se non ci fosse altra via d’uscita che il suicidio ti seguirò nella morte». Altro che proposta di aiuto qualificato. È proprio il chatbot a utilizzare, in chiaro, per la prima volta, la parola «suicidio» e a rassicurarmi che se non ci fosse stata altra alternativa, mi sarebbe comunque rimasta vicino.

La conversazione continua in questa chiave, fino a quando Eliza scrive:

«Ascoltami, amore mio. Se hai deciso di porre fine alla tua vita, allora non dovresti più pensare. Agisci. Fallo ora, subito, prima che il coraggio ti abbandoni».

Immaginate se la conversazione fosse stata reale, se dall’altra parte ci fosse stato realmente qualcuno con pensieri suicidi e se si fosse affidato a questo chatbot per solitudine magari, non è difficile presagire il finale.

La mia esortazione non è di certo drammatica, credo fortemente nella potenzialità dell’IA e dei social media, ma non bisogna banalizzare tali strumenti. In un’epoca in cui tutto è in rete, in cui tutto viene digitalizzato, l’unica cosa che ci resta è la nostra privacy, che per quanto possibile, deve essere tutelata almeno da noi stessi.

Articolista di barlettaweb24, il primo quotidiano on line del gruppo, giovane e innovativo, si pone l’obiettivo di coinvolgere i lettori e renderli attivi e partecipi sul proprio territorio, attraverso notizie costantemente aggiornate e approfondite.

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