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Cimitero di Barletta, le salme di due estranei in una cappella di famiglia: il caso al Tar di Bari

Il proprietario ha presentato istanza di rimozione delle due salme, a cui tuttavia il Comune di Barletta non ha dato alcun seguito

Cosa ci fanno le salme di due “perfetti sconosciuti” tumulate in una cappella ad esclusivo uso familiare nel cimitero di Barletta? E, soprattutto, chi ha consentito che ciò potesse accadere? Sono domande al momento senza risposta per l’attuale proprietario della dimora cimiteriale, che da tempo chiede conto di questa paradossale vicenda al Comune di Barletta ma senza risposta. Un silenzio di tomba, appunto, dall’Amministrazione comunale.

Deciso ad andare fino in fondo per risalire ai responsabili e riappropriarsi dei due loculi illegittimamente occupati da estranei, il proprietario si è rivolto al Tar di Bari, che il 30 maggio scorso ha pronunciato una sentenza a lui favorevole.

La vicenda risale a circa un anno fa, quando il figlio del concessionario del permesso di costruire la cappella, risalente al 1956, scopre che vi sono tumulati due feretri, di una donna e un uomo, non appartenenti al suo nucleo familiare. Presenta pertanto istanza di accesso agli atti al Comune di Barletta, per prendere visione dell’iter seguito dal procedimento amministrativo che ha permesso le due tumulazioni; scopre così che sono avvenute sulla base di due autorizzazioni recanti la sua firma. Firma che però lui non avrebbe mai apposto e che risulterebbe quindi falsificata.

Di conseguenza, presenta ulteriore istanza di rimozione delle due salme, a cui tuttavia il Comune di Barletta non dà alcun seguito. Decide allora di seguire la via giudiziale, proponendo ricorso al Tar di Bari. Pochi giorni fa la pronuncia: “Il silenzio serbato dal Comune è manifestamente illegittimo – si legge nel provvedimento – per contrasto con i principi consolidati della legge 241/90”. Al Comune di Barletta, che non si è costituito in giudizio, è stato quindi intimato di “adottare un provvedimento espresso entro 90 giorni”, oltre alla condanna a pagare mille euro di spese legali in favore della controparte.

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