Ieri sera, 28 luglio, presso i Giardini Baden Powell di Barletta, si è tenuto l’evento di antimafia sociale “Tra i vicoli dell’illegalità di Bari Vecchia”, organizzato in memoria di Michele Fazio, giovane vittima innocente della mafia barese.
Era la sera del 12 luglio 2001 quando Michele, a soli sedici anni, venne assassinato da un commando armato in un vicolo nel cuore di Bari Vecchia. Mentre rientrava a casa dopo una serata con gli amici trascorsa sul lungomare, fu colpito per errore da una pallottola vagante esplosa nel corso di un conflitto a fuoco tra clan avversari. Ferito alla testa, morì poche ore dopo l’agguato. I suoi genitori, papà Pinuccio e mamma Lella, non si sono mai arresi: ad oltre vent’anni dalla scomparsa di Michele, continuano a combattere la mafia e la criminalità portando la loro testimonianza in giro per l’Italia.
“Michele era un ragazzo con grandi sogni. Di giorno lavorava in un bar, la sera studiava all’istituto Vivante. Voleva diventare un carabiniere” ha raccontato Pinuccio Fazio, presente all’incontro di ieri. “La sera del 12 luglio 2001 i balconi di casa erano chiusi nonostante il caldo. Le nostre finestre erano sempre chiuse perché Largo Amendoni, a Bari, era una zona abitata soprattutto da mafiosi. Alle 22:40 sentimmo una decina di spari. I vicoli di Bari Vecchia sono così piccoli che un proiettile sarebbe potuto entrare in casa. Io, mia moglie e le mie figlie cercammo riparo da quel rumore assordante dei colpi di pistola. Fu mia figlia Rachele, cessati gli spari, a sbirciare dalla finestra e a vedere il corpo di mio figlio Michele per terra, in una pozza di sangue, proprio sotto casa nostra”.
“Inizialmente –spiega Pinuccio – avremmo voluto lasciare la città di Bari. Io e la mia famiglia ci siamo chiusi nel dolore, nel silenzio e nella rabbia. Le indagini sul caso di Michele furono archiviate ma noi non ci siamo mai arresi e abbiamo sempre lottato perché venisse fuori la verità. Dopo la nostra protesta il caso è stato riaperto e a maggio del 2005 gli assassini di Michele sono stati finalmente arrestati. Quel giorno siamo tornati a casa, mia moglie ha aperto tutte le finestre, lanciando un urlo: “Adesso è primavera. Incomincia una nuova battaglia”. Da quella mattina i balconi di casa sono sempre spalancati.”
Oggi la storia di Michele è diventata simbolo di legalità, di giustizia e di riscatto. Alla sua memoria sono intitolate strade e luoghi di cultura.
“La vita di Michele non può essere dimenticata. Il compito che io e mia moglie abbiamo non è quello di sconfiggere le mafie, che spetta alle forze dell’ordine e alla magistratura. Il nostro impegno è quello di salvare i giovani, tirarli fuori dalle mani della mafia e, soprattutto, quello di abbattere il muro dell’omertà perché l’omertà aiuta la criminalità a crescere.”
L’evento, organizzato dall’equipe del progetto “Semi di Legalità” del Settore Giovani di Azione Cattolica in collaborazione con il Presidio di “Libera Barletta”, si inserisce all’interno di un ciclo annuale di incontri che ha come obiettivo quello di educare la cittadinanza alla legalità, di renderla consapevole e di guidarla nel fenomeno della lotta alle mafie.
“Parlare di legalità solo a scuola o in famiglia non basta – ci spiega Angelo Michele Larosa, vicepresidente del Settore Giovani di Azione Cattolica. “Bisognerebbe parlare di legalità sempre, in tutti i luoghi ed in qualunque contesto. È questo che cerchiamo di fare con il nostro progetto, attraverso le testimonianze delle vittime di mafia e di chi la combatte giornalmente”.
“È importante seguire l’esempio di coraggio di Pinuccio e Lella” – ha concluso Giorgio Carpagnano, referente di Libera Barletta. “Dobbiamo parlare di mafia, urlare che la mafia esiste, anche se non spara, anche se spesso si nasconde dietro la corruzione o gli atteggiamenti di favoritismo, strappando, in silenzio, i nostri diritti.”