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“A casa loro”: l’immigrazione come diamante grezzo

Nico Catalano riesce in poche pagine a raccontare oggettivamente la condizione di malagestione italiana rispetto all'immigrazione

“Sopravviviamo tra l’officina

o il cantiere e i pezzi del sogno

Il nostro cibo, la nostra dimora

Dura l’esclusione

Rara la parola rara la mano tesa.”

Ieri 28 ottobre, presso la Chiesa di San Michele di Barletta è stato presentato “A casa loro”, il nuovo libro dello scrittore Nico Catalano, laureato in Agraria e funzionario della Regione Puglia – sezione Attuazione dei Programmi Comunitari per l’Agricoltura.

La poesia da cui sono tratti i versi soprariportati è “All’alba il dolore è stanco” dello scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, selezionata e letta con cura dalla presidente Adgi sezione Trani Anna Chiumeo. Queste strofe hanno brillantemente introdotto il tema della malagestione italiana rispetto alla questione immigrazione, fulcro dell’incontro, che nel corso della serata ha fornito schiaccianti dati statistici, ricche testimonianze, lungimiranti proposte e sconcertanti, ma estremamente lucide, riflessioni.

Gli immigrati, gli ultimi o più semplicemente -e tristemente- “gli invisibili” sono stati negli anni strumentalizzati nelle battaglie per il consenso politico, perché accusati ora di rubare agli italiani il lavoro, ora di alloggiare allegramente nei centri di accoglienza, gravando sulle spese del paese.

Da qui la famosa frase, diventata per alcuni uno slogan, “Aiutiamoli a casa loro”, che ha suggerito all’autore il titolo dell’opera. Molto probabilmente, come spiega il libro stesso, chi pronuncia questa frase con troppa convinzione non ha idea di cosa significhi vivere “a casa loro”. Ma questo è un altro discorso.

Ciò che serve precisare per presentare il libro è che molti sono i pareri, ma certamente universali sono i fatti: senza gli immigrati e i loro figli il settore primario italiano -e non solo- cadrebbe a picco.

Amara ironia della sorte, sebbene sulle terre italiane venga versato il sudore di migliaia di lavoratori stranieri, a fine giornata questi ricevono il loro invisibile salario, rientrano nelle loro invisibili abitazioni, conducono la loro invisibile vita e sentono frantumare i loro invisibili sogni.

«Manca la manodopera. All’inizio del flusso migratorio abbiamo avuto una sorta di manna dal cielo e abbiamo pensato “stanno male, li facciamo stare peggio”, ma questo col tempo è stato ovviamente controproducente. – ha dichiarato l’imprenditore agricolo Pietro SalcuniMolti dicono “ma non sono istruiti” ma nessuno è nato istruito. Io vi posso garantire che, se trattati bene ci fanno guadagnare, anche più degli italiani.»

Nel corso dell’incontro, che è stato moderato dalla giornalista Luciana Doronzo, Salcuni si è confrontato con il sindacalista ed ex segretario degli affari regionali, Giuseppe Deleonardis, che sentendo il peso della praticità ha riportato, con dati Inail alla mano, una panoramica nazionale dello sfruttamento in ambito agricolo ai danni degli immigrati: nella penisola tassi di irregolarità mostruosi e una soffocante cultura dell’illegalità la fanno da padroni.

Questioni economiche e giochi politici hanno cambiato le carte in tavola e influenzato drasticamente l’esito delle tabelle statistiche, ma ciò che non bisogna dimenticare è che dietro ai numeri si nascondono persone, si nascondono storie.

32 anni fa nel porto di Bari sbarcava la Vlora, con a bordo 20 mila immigrati albanesi, di cui molti, stremati e ormai impazienti, si lanciarono in acqua per raggiungere a nuoto il suolo italiano. “Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza” fu il messaggio riportato in codice morse per annunciare la scelta dell’accoglienza. In quell’occasione il sindaco di Bari Enrico Dalfino scrisse una nuova pagina accettando lo sbarco.

L’evento viene ricordato nelle prime pagine di “A casa loro” e non è certamente un caso: chiediamoci, cos’è cambiato culturalmente dal 1991? Qual è stato l’intervento dello Stato?

È ora che l’Italia e gli italiani accettino l’evoluzione della storia, lasciando affogare ridicoli retaggi culturali ormai anacronistici. “Noi siamo la loro unica speranza” dichiarò Dalfino, ma probabilmente oggi loro sono la nostra.

 

Social addict e fotoreporter di BarlettaWeb24, il primo quotidiano on line del gruppo, giovane e innovativo, si pone l’obiettivo di coinvolgere i lettori e renderli attivi e partecipi sul proprio territorio, attraverso notizie costantemente aggiornate e approfondite.

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