Abbiamo chiesto a don Maurizio Patriciello, parroco di Parco Verde a Caivano quanto lo facesse arrabbiare essere sotto scorta, vedersi quotidianamente privato della propria libertà solo perché sempre schierato dalla parte giusta del mondo, sapendo che i cattivi, invece, vivono e operano a piede libero e lui, per un momento, ha smesso i panni del “prete-coraggio” e si è lasciato andare ad un pensiero semplice “lo sa quanto tempo non guido? Proprio io, che non ricordo neanche quando precisamente ho imparato a guidare”.
Un pensiero che per chiunque possa ogni giorno prendere le chiavi della propria macchina, salirci e mettere in moto senza la paura di saltare per aria, rende perfettamente la misura di quanto la scorta non incida tanto nella vita pubblica di una persona, quanto su quell’insieme di piccole cose apparentemente insignificanti che possiamo permetterci di fare perché siamo liberi.
Padre Maurizio è un uomo coraggioso che non si riconosce però nella definizione di “prete anti-camorra” perché, dice: “il vostro parroco è forse un parroco pro-camorristi solo perché forse non si è trovato a combatterne direttamente qualcuno?” Siamo tutti anticamorra, finché non dimostriamo esplicitamente il contrario.”
Padre Maurizio Patriciello è un prete dalla vocazione tardiva recuperata con gli interessi perché una volta terminato il seminario e presi i voti è stato subito inviato a Caivano e da lì, conferma, “non chiederò mai di andar via”, nonostante a causa del suo impegno e della sua lotta quotidiana alla criminalità organizzata viva da due anni sotto scorta.
All’incontro conclusivo del percorso “Sentieri di comunità” promosso dalla chiesa dello Spirito Santo a Barletta di cui Don Patriciello è stato ospite ieri sera hanno partecipato tantissime persone. La comunità della chiesa e oltre, molti rappresentanti della giunta comunale e della stampa hanno stretto in un caldo e sincero abbraccio quest’uomo che per sua stessa definizione è solo un prete, ma è un prete in prima linea, capace di parlare e scrivere “con una penna che graffia” (su Avvenire n.d.r.), come ha sottolineato Don Filippo Salvo, parroco dello Spirito Santo, e di arrivare al cuore delle persone e della questione, che non è dote comune. Parla una lingua comprensibile a tutti, usando la parola di Dio come filo conduttore, ma portandola tra le persone, giù dalle scale dell’altare. E pur toccando tantissimi argomenti, ci sono dei punti saldi intorno a cui tutto ruota e che tornano puntualmente nel suo intervento e nelle risposte alle domande del pubblico.
“Ama il prossimo tuo come te stesso” e “non voltarti dall’altra parte”, questi sono i pilastri su cui si fonda la vita e l’operato di don Maurizio. Due concetti tanto ovvi quanto spesso difficili da ritrovare anche nella devota comunità di una chiesa come tante. Applicare nella vita di ogni giorno tutti quei precetti in cui affermiamo di credere, amare il prossimo nella stessa misura in cui tuteliamo e amiamo noi stessi e prendersi cura dell’altro. Conoscerlo, uscire dalla nostra piccola bolla, soprattutto se di benessere, e aprirla all’altro, soprattutto se in difficoltà.
Il pensiero di Don Maurizio è tanto semplice quanto altissimo: le comunità, le classi sociali, le religioni, gli esseri umani, tutto dovrebbe convivere e compensarsi con un processo di osmosi sociale, perché i ghetti, le bolle, tanto da una parte quanto dall’altra della scala sociale sono i microcosmi in cui la delinquenza prolifera, e là dove noi pensiamo di proteggerci in realtà ci mettiamo più in pericolo.