Si è tenuto sabato 29 aprile il quinto e ultimo appuntamento di “A spasso con il corto”, fuori onda dell’ambizioso South Italy International Film Festival. L’incontro ha avuto luogo nella Chiesa di Sant’Antonio e si è intrecciato con la mostra fotografica “Radici – affondano in terra, ma ti permettono di toccare il cielo” aperta al pubblico anche domenica 30 aprile.
Le due iniziative sono frutto della giovane associazione culturale “Artinte”, fondata nel settembre scorso, con l’obiettivo comune di risanare le ferite delle nuove generazioni nei confronti della loro terra natale: la Puglia e il Mezzogiorno in generale.
Durante l’evento sono stati presentati e commentati, attraverso dialoghi aperti, ben cinque cortometraggi:
- “Per le Vie del Paradiso”, regia di Gimmi Giuseppe
- “Inverno”, regia di Mastromauro Giulio
- “Vices”, regia di Meo Ilaria
- “Eva”, regia di Graffeo Pietro
- “Nuovo Cinema Para-Virus”, regia di Pignatelli Daniele
L’incontro è stato giostrato dal regista barlettano Giuseppe Arcieri e da Raffaella Nasca, rispettivamente presidente e socia Artinte, che non hanno nascosto la loro profonda connessione e amicizia.
Forte anche la loro voglia di cambiare le cose, di comunicare la presenza dell’arte sul suolo barlettano.
“Tutti hanno dell’arte dentro. Io, ad esempio, studio medicina, ma questo non vuol dire che dentro di me non ci sia poesia, come in ognuno di voi. Questo è il senso dell’associazione, di tirare l’arte fuori da noi, dalla città.” – ha argomentato Nasca.
Per quanto riguarda la seconda edizione del South Italy International Film Festival, che si terrà al Castello di Barletta, Arcieri con voce orgogliosa si sbilancia rivelando nuovi dettagli:
“Dal 17 al 21 maggio avremo 30 ospiti e 10 proiezioni di film in anteprima assoluta. Tra i giudici avremo Alex Loprieno, fondatore di WeShort e il nostro Presidente di Giuria sarà invece un grande nome: Luca Verdone. Il Festival –continua– sarà anche quest’anno con ingresso gratuito, perché ritengo che l’accesso alla cultura dev’essere aperto a tutti. Soprattutto a Barletta, di cui ultimamente leggiamo solo notizie di cronaca. Bisogna invece far capire che i giovani qui ci sono e sono vivi”.
Ospite d’onore dell’incontro è stato il regista Giuseppe Gimmi, lì per presentare il suo corto cinematografico “Per le Vie del Paradiso”. che siamo riusciti a intercettare per realizzare una breve intervista:
“Com’è arrivata l’ispirazione?”
“Parlando di solitudine è brutto dirlo, ma dalla mia condizione mentale. Voglio lavorare su me stesso, limare me stesso per raccontare le fragilità dell’uomo, che è ciò che mi interessa. Ognuno di noi ha dei problemi ed è bello analizzarli. Alle volte, ahimè, questi non hanno delle vie d’uscita. –continua- Non bisogna rassegnarsi ma allenarsi ad averli, i problemi.”
“L’opera verte tra sogno e realtà, come nasce questa scelta?”
“Il sogno è più interessante della realtà in cui vivo, sono un tipo che si annoia facilmente, mi incuriosiscono le cose un po’ più buffe. In questo caso il sogno parla della morte del padre del protagonista e la parte un po’ più buffa è ciò che va oltre la morte stessa: il chiacchiericcio del mondo, della piccola popolazione pugliese.
È come se il personaggio non arrivi mai al sogno, mentre io l’ho effettivamente fatto. Mi piace mescolare le diverse realtà, scrivere è la parte interessante.”
“Quanto vi è di autobiografico?”
“Tutto. La sola differenza è che mio padre vive. –sorride– scrivo proprio quello che sento.”
“Come mai la scelta di attori non protagonisti?”
“E’ una scelta stilistica, mi colpiscono i volti. In questo caso erano veri contadini e si muovevano con i giusti tempi. Ovviamente c’è stata una grande difficoltà -continua- ho giocato con delle voci narranti, che fanno parte del sogno, per arrivare prima. Ho descritto il personaggio del contadino Tonino anche attraverso la voce narrante.”
“L’ambientazione lascia intendere che tu sia legato alla terra pugliese: è così?”
“Io sono legato in generale alla natura, che si tratti della terra pugliese o del nord. Sono legato alle tradizioni, che alle volte bisogna stravolgere per non perderle: serve modernizzare la terra. Siamo abituati al km0 ma in realtà nessuno vede la figura che lo produce, siamo abituati a una certa velocità e questo corto parla anche di questo, del tempo, di un tempo lento.
È tutto un paragone con la realtà. Il corto dura sui tre minuti perché ho pensato che la vita di un contadino potesse durare così poco, anche perché strutturata in un certo modo: casa-terra, terra-casa.”
“Il corto è collocato negli anni Settanta, perché non datarlo nel presente?”
“Le intenzioni corrispondono alla realtà in cui scrivo. Mi piace riprendere modi e stili di una attualità più vecchia come gli anni Settanta, ma il tema, la solitudine, è attualissimo.”
“Per la realizzazione dell’opera hai lavorato con la figura di uno psicologo: a cosa è servito ciò?”
“Il suo ruolo è stato utile per la disposizione degli spazi.
Il contadino si muoveva tra gli ulivi, nella grandezza del campo. In quella scena inizia a oscillare il rapporto dei valori: è maggiore il valore di Tonino o della natura?” – aggiunge poi – “Bisogna rischiare, nei cortometraggi serve andare oltre. Si può fare politica anche con le inquadrature.
In questo caso tutte le inquadrature sono simmetriche e quasi sempre con macchina fissa, che è una cosa che sto sperimentando ultimamente. Far muovere di più la storia e meno me con la macchina.”
“Attualmente stai lavorando ad altri progetti?”
“Sì, in realtà c’è un progetto in corso. Sto scrivendo una nuova storia, dovrei iniziare le riprese a fine mese prossimo.”