Il mondo sta affrontando una delle sue fasi più difficili dal dopoguerra. Conflitti durissimi, crisi climatica, disparità e ingiustizie mettono a dura prova il rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La dichiarazione è stata promulgata il 10 dicembre del 1948 e per ricordarla ogni anno, nella stessa data, le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Internazionale dei Diritti Umani.
In questo 2023, nel pieno della nuova e violenta crisi tra Israele e Palestina, con il conflitto in Ucraina che non accenna a trovare soluzione e milioni di persone che fronteggiano nuove emergenze dovute ai devastanti effetti del surriscaldamento globale, ricorre il 75° anniversario della dichiarazione.
È il documento più tradotto nel mondo, disponibile in più di 500 lingue diverse, e raccoglie, in un preambolo e 30 articoli, valori, diritti e libertà inalienabili per tutti i cittadini del mondo. “Il riconoscimento della dignità intrinseca e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo” così recita appunto il preambolo. Gli effetti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel mondo nell’arco di questi 75 anni sono innegabili, così come gli innumerevoli sforzi messi in atto per attuarne i precetti e migliorare la qualità della vita di generazioni di individui. Allo stesso tempo però, è innegabile anche che siamo davanti ad una fase nuova, in cui sempre più spesso questi diritti vengono calpestati e negati, anche da paesi insospettabili.
“In guerra e in amore tutto è lecito” dice un vecchio adagio, ma è proprio così? Niente affatto. Nei diritti umani infatti sono compresi anche tutti i limiti che i paesi in guerra non dovrebbero mai superare, come l’obbligo di tutelare i civili, soprattutto le fasce più deboli come donne, bambini, malati e anziani; l’inattaccabilità dei presidi medici, dei luoghi di culto, e il divieto di affamare, assetare, e mettere le popolazioni nelle condizioni di perdere dignità e igiene.
Tutti elementi che, ad esempio, abbiamo visto violati nel recente capitolo del conflitto in Medioriente, dove Israele ha tagliato elettricità, approvvigionamenti di cibo, acqua e carburante a Gaza, e attaccato ripetutamente ospedali e campi profughi. O come il rapimento dei bambini ucraini da parte dell’esercito russo, nel nuovo tentativo di conquista dei loro territori da parte dell’esercito russo.
Questi sono solo gli esempi più vicini e più recenti, ma le situazioni in cui vengono violati i diritti umani nel mondo sono ogni giorno tantissime, e spesso anche gli sforzi delle ONG e delle stesse Nazioni Unite sono vani o comunque non sufficienti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale nessuno, forse, si sarebbe aspettato che in meno di un secolo l’umanità si sarebbe trovata a fronteggiare emergenze civili e sociali di queste proporzioni; ma la storia, si sa, è ciclica, e non sempre l’essere umano riesce a trarre i migliori insegnamenti dall’esperienza.
Eccoci, dunque, con i testimoni oculari del più grande conflitto che la storia dell’uomo ricordi ancora vivi, a dover ricordare ai potenti del mondo che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” (art. 1 Dichiarazione Universale Diritti Umani)
La 75° Giornata Internazionale dei Diritti Umani, quindi, è un’esigenza ancor più che una ricorrenza, e la voce che deve levarsi nel mondo dev’essere quest’anno più potente che mai. Un coro di uomini e donne da ogni angolo della Terra, per chiedere a chiunque abbia potere di scelta sulla vita di altri, di esercitarlo una volta e per sempre nel rispetto della dignità di ogni essere umano, senza la retorica della pace nel mondo, ma con la pretesa del minimo rispetto accettabile.