Scrivere è un atto di fede, verso sé stessi, soprattutto. Un foglio bianco è un universo pronto a schiudersi ai nostri occhi ma anche la più grande schiavitù che ci si possa infliggere. Scrivere, per chi lo fa di mestiere, è molto spesso un’esigenza fisica, al pari del mangiare o del dormire: la privazione di tale attività può creare, al pari delle altre funzioni, nervosismo e profonda frustrazione. Il 3 marzo si celebra la Giornata Internazionale dello Scrittore ed è doveroso dare una simbolica pacca sulla spalla a tutti quegli uomini e quelle donne che, nell’epoca in cui la soglia dell’attenzione media si limita a una story su Instagram e i social hanno sdoganato l’incontinenza verbale, ancora insistono con coraggio nel tentativo di vivere di parole scritte.
Parole pensate, pesate, scelte con cura maniacale, consapevoli che ognuna di esse ha un suo significato ben preciso, una sua dignità, un suo valore oggettivo ma anche uno che le verrà attribuito a seconda del contesto, del registro e delle scelte di sintassi, più o meno creative.
Il lavoro dello scrittore è un lavoro certosino, ossessivo, ma anche appagante al pari di ben pochi altri e la Giornata Internazionale dello Scrittore, istituita nel 1986, vuole celebrare proprio questo: un mestiere antico come la parola, ma che ha saputo adattarsi al passare del tempo, senza mai diventare obsoleto. Per questa ricorrenza dobbiamo ringraziare l’associazione inglese Pen Club, nata a Londra nel 1921, che vanta ancora oggi la sua sede storica e oltre 145 succursali attive in più di 100 paesi del mondo.
Il Pen Club ha avuto tra i suoi iscritti tutte le penne più illustri, britanniche e mondiali, tra loro possiamo citare Joseph Conrad, George Bernard Shaw, il drammaturgo Arthur Miller, il vincitore di un Premio Nobel Mario Vargas Llosa e anche il nostro Alberto Moravia, che ne è stato il presidente per un periodo. Questa associazione nacque per favorire l’incontro e l’amicizia tra scrittori, ma col tempo ha assunto anche un valore sociale, complice la collaborazione attiva con l’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite. Promuove e gestisce un Comitato per Scrittori Imprigionati e insieme ad altre ONG fa parte della rete globale International Freedom of Expression Exchange, per tutelare la libertà di espressione nel mondo.
Il termine Pen nel nome indica ovviamente il principale strumento del mestiere, ma è anche l’acronimo di Poets, Essaysts, Novelists cioè poeti, saggisti e romanzieri, ovvero le prime categorie di scrittori ammesse all’epoca della fondazione. Oggi invece la platea è stata ampliata e il club è aperto a tutti coloro che da professionisti, amatori o solo sognatori, hanno fatto della parola scritta una ragione di vita. Porte aperte quindi anche a giornalisti, storici, traduttori, parolieri e chiunque lavori scrivendo e scegliendo con cura le parole da usare.
Ventiquattro ore all’anno sono forse troppo poche per riflettere e rendere il giusto tributo a un mestiere, quello dell’artigiano delle parole, che ha ancora un valore immenso. Testimoniare la società, raccontarla, ma anche inventare storie, istruire, diffondere e rendere accessibile la cultura a quante più persone possibile, divertire: sono solo alcuni dei benefici che gli scrittori apportano alla comunità. Per queste, e per molte altre ragioni ancora, la Giornata Internazionale dello Scrittore è una ricorrenza da promuovere e da proteggere, maggiormente oggi, che la libertà di stampa e di espressione sono così tremendamente in bilico anche lì dove la democrazia sembrava essere un diritto acquisito.
Lunga vita ai grandi classici, dunque, ai saggi che ci apriranno la mente e a quelli che metteranno in moto il nostro pensiero critico; alle canzoni che ci fanno tremare il cuore. E a tutte le parole: che ognuno, nel mondo, possa essere libero lasciare andare le sue.