Il 17 luglio si festeggia il World Emoji Day cioè la Giornata Mondiale delle Emoji o delle faccine, come direbbero i boomer. La prima edizione risale a quasi un decennio fa, era infatti il 2014 quando il fondatore di Emojipedia Jeremy Burge promosse la sua prima edizione.
Per chi non lo sapesse le emoji sono quei pittogrammi, o più semplicemente quei simboli che raffigurano espressioni del viso, stati d’animo, ma anche animali, piante, fiori, cibi, concetti, che ogni giorno accompagnano le nostre conversazioni su social e applicazioni di messagistica istantanea.
Tutto è iniziato con le emoticon, ovvero la rappresentazione di un sorriso, di un broncio e via via di concetti più articolati, utilizzando combinazioni specifiche di punteggiatura, ad esempio “ 🙂 “. Le emoticon chiudevano i nostri SMS e rendevano la conversazione meno formale. Pare che la prima traccia di emoticon in uno scambio digitale risalga addirittura al 1982. Per vedere la nascita delle emoji simili a quelle che conosciamo oggi invece, bisogna attendere il 1999, anno in cui Shigetaka Kurita, un giovane dipendente di un’azienda di telecomunicazioni giapponese, disegna le prime 176, prendendo ispirazione dai manga e creando queste icone da 12×12 pixel.
Ma perché celebriamo la Giornata Mondiale delle Emoji proprio oggi 17 luglio? Ci sono due spiegazioni, entrambe valide, che corrono parallele per rispondere a questa domanda. La prima vuole che la scelta della data coincida con il giorno in cui Apple ha rilasciato per la prima volta l’applicazione “Calendario”. La seconda invece rimanda alla data riportata proprio sull’emoji calendario nella sua versione sempre di Apple.
Quale che sia la ragione più vicina alla realtà poco importa, ciò che conta è che la Giornata Mondiale delle Emoji è l’occasione per riflettere annualmente su quanto queste piccole icone apparentemente innocue abbiano in realtà stravolto il nostro modo di comunicare. Dalle loro prime timide apparizioni tra le righe degli SMS, fino alla consacrazione di oggi, le emoticon prima e le emoji poi, hanno arricchito per alcuni, impoverito secondo altri, la nostra capacità di comunicare con gli altri tramite dispositivi tecnologici. Come in quasi tutti gli aspetti della vita e quindi anche delle evoluzioni tecnologiche, la verità si colloca probabilmente nel mezzo e cioè nel fatto che questi simboli colorati hanno modificato il nostro linguaggio corrente senza necessariamente renderlo migliore o peggiore.
Chi utilizzava un linguaggio complesso e forbito ieri, probabilmente continuerà a farlo anche oggi, magari condito da una emoji di tanto in tanto. Allo stesso modo, chi è sempre stato più ermetico, pigro o basico, approfitterà delle faccine per risparmiare battute. Una buona regola dovrebbe essere distinguere sempre il registro della conversazione; nonostante oggi molti scambi formali avvengano anche sulle app di messagistica, sarebbe opportuno rispettare sempre le norme della buona sintassi. Al contrario, in uno scambio tra amici, ben vengano faccine, simboli e una buona dose di leggerezza che, ricordiamolo, non è superficialità…ma saper stare al passo del tempo, vivendo il presente senza demonizzarlo per partito preso. Che se i giovani hanno smesso di leggere libri, di scrivere a mano o di usare i congiuntivi, be’, dare la colpa alle emoji è un po’ come guardare il dito che punta alla Luna.