Istituita nel 2012 su iniziativa di Stefano Tavilla, un papà che proprio il 15 marzo 2011 perse sua figlia Giulia a causa della bulimia, questa ricorrenza nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica e porre l’attenzione su un problema, quello dei disturbi del comportamento alimentare (DCA), in continua crescita.
Anoressia, bulimia, binge eating disorder coinvolgono, in Italia, oltre 3 milioni di persone e costituiscono la prima causa di morte fra gli adolescenti, dopo gli incidenti stradali. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, a causa della pandemia, l’incidenza tra i giovanissimi è aumentata del 30% e l’età di insorgenza della malattia continua pericolosamente ad abbassarsi. Oltre a comportare conseguenze gravissime per la salute, un disturbo alimentare è in grado di cambiare profondamente la vita di chi ne soffre, compromettendone la sfera sociale, familiare e lavorativa.
In occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, abbiamo incontrato ed intervistato i medici dell’Ambulatorio DCA di Trani. L’Ambulatorio, nato nel 2014 a Margherita di Savoia e trasferitosi a Trani nel 2018, è situato in Via Marsala 93 e costituisce un eccellente punto di riferimento per l’inquadramento e il trattamento farmacologico, psicoterapeutico, educazionale e nutrizionale dei disturbi del comportamento alimentare. Ha, attualmente, in carico 121 pazienti affetti da DCA ed opera attraverso un’équipe multidisciplinare costituita da un medico psichiatra referente, due psicologi, un medico specialista in psichiatria, un medico specialista in scienze dell’alimentazione, un medico internista, due infermieri e un operatore socio sanitario.
Il Dott. Filippo Iovine, psichiatra responsabile dell’Ambulatorio, ci spiega che si è in presenza di un disturbo del comportamento alimentare “quando il cibo, da fonte di energia necessaria per il sostentamento, si trasforma in un antagonista, in un nemico”. L’attenzione spropositata verso la quantità di cibo da ingerire, le calorie degli alimenti e la forma del proprio corpo finisce col diventare “l’occupazione prevalente di una persona e l’immagine allo specchio viene, poi, percepita in maniera distorta, alterata.” Non sempre chi soffre di un disturbo alimentare sceglie spontaneamente di farsi aiutare e soprattutto i minori vengono condotti al centro dai genitori, per questo “è importante – sottolinea il Dott. Iovine – stringere, innanzitutto, un’alleanza con il paziente, al fine di renderlo consapevole della malattia e di aiutarlo a superarla”. È importante riconoscere tempestivamente i campanelli d’allarme, spesso evidenti, non indugiare ma parlarne immediatamente con il proprio medico, il proprio pediatra o rivolgersi ai centri specializzati.
Per l’occasione abbiamo raccolto, anche, le testimonianze di Chiara e Raffaella, due ragazze ospiti del centro che hanno vissuto la malattia in prima persona.
Raffaella ha 21 anni, è al momento in cura presso l’Ambulatorio DCA di Trani e racconta quanto sia complicato convivere con un disturbo alimentare, paragonandolo “ad una sorta di montagna da scalare, con sentieri a volte un po’ più ripidi, a volte un po’ più piani ma sempre con la possibilità di incontrare ostacoli lungo il percorso”. Ricorda gli anni di bullismo subiti, la sensazione di abbandono e i commenti “devastanti” sul suo aspetto ma ricorda, soprattutto, l’amore e la vicinanza della sua famiglia e di chi, durante questo difficile percorso, non l’ha mai abbandonata. “Il disturbo alimentare non è una colpa, è una malattia come tutte le altre che intacca il corpo, ma soprattutto l’anima.” Pur non essendo ancora completamente guarita, Raffaella continua a “combattere con tutta la forza, per riuscire a scalare la vetta” e difende l’importanza della Giornata del Fiocchetto Lilla, che rappresenta per lei “un simbolo di coraggio, di resistenza e di lotta per la libertà”.
Chiara, invece, ha 20 anni e dopo essere stata in cura presso l’Ambulatorio per circa due anni, oggi non è più in terapia. Ha sempre descritto il disturbo alimentare come “un mostro invisibile che non è percepibile dall’esterno” e che riesce a trasformarti nella “peggiore nemica” di te stessa. Spiega che il rapporto con il suo corpo ha iniziato a complicarsi durante l’adolescenza “a causa dei modelli troppo perfetti” che la circondavano, ma anche a seguito dei “complimenti sul suo aspetto” che la inducevano a dimagrire sempre di più. “Ho toccato gli abissi più bui durante il lockdown” – dice – ricordando soprattutto la profonda sofferenza dei suoi genitori, “ma ho dovuto rialzarmi per me e per loro”. Per Chiara, oggi, è importante indossare il Fiocchetto Lilla come simbolo di rivalsa e a chi si trova ad affrontare un disturbo alimentare consiglia di “parlarne, di ammettere la malattia e di fidarsi dei medici e dei professionisti”.