Dopo il Gargano, le Isole Tremiti e il Salento, la specie ittica più “chiacchierata” della stagione è stata pescata anche nelle acque del mare di Molfetta (Bari). Parliamo del granchio blu che, nonostante prediliga le acque meno salate delle lagune in prossimità delle foci dei fiumi, a quanto pare inizia a non disdegnare il mare aperto.
Giovedì pomeriggio, 17 agosto, quattro esemplari sono stati pescati e mostrati a Molfetta sulla “banchina Seminario” da piccoli pescatori locali. Tra stupore e preoccupazione per una specie aliena (proviene dalla costa dell’oceano Atlantico occidentale, dove la sua presenza si estende dagli Stati Uniti fino all’Argentina) altamente invasiva che sulle coste del Veneto e della Romagna sta fagocitando vongole e molluschi nostrani, si pensa a quale approccio adottare nella gestione del fenomeno. Intanto “sappiamo che è una specie ittica invasiva e per questo non lo abbiamo rigettato in mare dopo averlo pescato” dicono i pescatori molfettesi, che hanno donato gli esemplari a un ristorante.
Finirà quindi sulle tavole pugliesi? “Il problema non è come cuocere e servire questo prodotto – dichiara il ristoratore alla Gazzetta del Mezzogiorno – ma fare breccia tra i palati dei clienti diffidenti”. Per gli americani, che lo consumano da decenni, è una prelibatezza. E allora proprio loro potrebbero essere i clienti ideali per questi primi tentativi di commercializzazione anche nel nostro territorio. Tra qualche settimana molti di loro, emigranti molfettesi negli Stati Uniti, torneranno a Molfetta in occasione della festa della Madonna dei Martiri: “Proveremo a servire loro un piatto tipico della cucina pugliese proprio a base di granchio blu”.
Il genere a cui appartiene il granchio blu in Italia è entrato nella lista delle specie commerciali nazionali già nel 2017. Dato il notevole incremento della sua presenza, stanno nascendo delle startup per valorizzare questo prodotto, sia per il consumo fresco sia come semilavorato. Inoltre, sono in atto degli studi per valutare se il granchio blu possa essere utilizzato nell’ambito della mangimistica; infine, si ipotizza di esportarlo negli Stati Uniti, dove c’è già un mercato sviluppato.