Sesso, genere, identità di genere, orientamento sessuale: a quali e quanti di questi termini sapreste dare una definizione? E siete certi che la definizione che state attribuendo sia non solo corretta, ma anche univoca? A questi dubbi e a molti altri, ha tentato di rispondere, nella giornata di oggi 29 ottobre 2024, l’evento “Inside Queer” International Pop Meeting, ospitato a partire da questa mattina fino al tardo pomeriggio dal teatro Curci a Barletta.
“Per una decostruzione degli stereotipi di genere” era la dichiarazione d’intenti ed è innegabile che – se non con qualche risposta – di certo questa giornata lascerà con molte domande, e le domande non sono mai un fallimento, anzi.
L’evento, articolato in due sessioni, è stato organizzato e promosso da ASL BAT, nello specifico dall’UOC Centro di Salute Mentale di Barletta con il patrocinio della Regione Puglia e del Comune di Barletta, ha visto coinvolte figure di altissimo profilo accademico e scientifico italiane e internazionali. Tra questi il Prof. Jack Drescher, Professore Clinico di Psichiatria presso la Columbia University, Psicoanalista e section editor del capitolo sulla disforia di genere nel processo di revisione del testo DSM-5-TR (ovvero il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali a livello internazionale n.d.r.) e il professor Lorenzo Bernini, Professore Associato di Filosofia Politica presso l’Università di Verona e Direttore del Centro di Ricerca PoliTeSse – Politiche e Teorie della sessualità.
Nel pubblico professionisti, psichiatri e psicoterapeuti, tanti, ma anche – soprattutto – le classi quinte di alcuni istituti cittadini, che hanno potuto ascoltare finalmente senza tabù, e provare a cercare risposte alle tante domande che – ormai lo sappiamo – affollano le menti degli adolescenti e giovani adulti. Domande che oggi più di ieri non solo chiedono disperatamente di essere ascoltate ma che pretendono risposte, ascolto, spazio: in casa, a scuola, tra coetanei, nella società, insomma.
Per comprendere l’immensità della questione e le infinite implicazioni psicologiche e sociali, basti pensare che ancora oggi la scienza non è in grado di affermare con assoluta certezza quale sia l’origine dell’omosessualità, fino a pochi anni fa considerata una patologia dal OMS. Basti pensare, quindi, che chiunque dia per certo che si nasce omosessuali, o che lo si diventi in seguito a un trauma, al tipo di educazione ricevuta, alle cure eccessive di una madre… menta, sapendo di mentire. Pensiamo quindi, a partire da questo, quanto sia stata banalizzata e semplificata ai limiti della decenza una tematica così delicata, intima ma allo stesso tempo universale quanto l’identità di genere e tutte le implicazioni che riconoscersi possa avere nella vita di ogni essere umano.
Sull’importanza delle parole, delle definizioni che però non sono etichette, si è concentrata buona parte degli interventi. Perché le parole sono importanti, tanto quanto le definizioni che contengono. E già la scelta del titolo è emblematica perché, se in Italia Queer sta a racchiudere un po’ tutto quello c’è di più colorato e libero nel mondo LGBTQ⁺, nel mondo anglofono il termine ha un’accezione decisamente più negativa e discriminatoria.
Ecco, quindi, l’importanza di un evento come questo, di un confronto come quello tra l’approccio lucidamente accademico del prof Drescher e quello dichiaratamente militante della presentazione “frocia” del professor Bernini. Ecco, quindi il valore ultimo di un appuntamento unico nel suo genere, che accende un faro di informazione sana, spogliata da ogni idea pruriginosa, che parla con le parole di una scienza che per prima si è messa fortemente in discussione. Che parla di teorie e non di certezze, di persone e non di pazienti, di pronomi e non (solo) di cromosomi. Un evento, quello di “InsideQueer” che porta i ragazzi delle scuole ad ascoltare senza filtri i nomi propri degli organi genitali, che prova a spiegare loro cosa è l’identità di genere, che afferma che ognuna delle condizioni possibili è giusta, perché l’errore finora è stato a monte: due generi, maschio e femmina, non sono abbasta.
Ma l’importanza di InsideQueer è ben altro, perché l’evento arriva, casualmente, a pochi giorni dalle vergognose contestazioni omofobe durante la proiezioni de “Il ragazzo con i pantaloni rosa” e al divieto, da parte di alcune scuole italiane, di valutare la possibilità di proiettare la pellicola negli istituti. Arriva, quindi, durante l’ennesima conferma che l’omotransfobia in Italia non solo è viva, ma è ancora ovunque, in tutte le età, in tutti i ruoli, ceti sociali, pertugi della nostra società.
Le teorie Queer e comunque la comprensione di tutto quello che scavalca il mondo rosa e celeste in cui forzatamente siamo cresciuti è senza dubbio di difficile comprensione, soprattutto per chi non ha mai sentito il bisogno di interrogarsi sulla propria natura, ma ciò che oggi rimane nella testa di chi scrive è che il primo passo da fare, prima ancora di chiedersi quanti generi esistano al mondo, prima ancora di dirsi accogliente, inclusivo, tollerante, aperto, e qualsiasi altra definizione gentile o perbenista che sia, dovrebbe essere abbattere mattone dopo mattone quel muro di ipocrisia, morale religiosa, preconcetto e si, anche patriarcato, che ci hanno costruito intorno per generazioni, e che ancora oggi rinsaldiamo a ogni “non piangere, non fare la femminuccia” detto così, senza pensare, perché si è sempre detto così.
A moderare l’incontro, le personalità accoglienti del Prof. Paolo Valerio della Federico II di Napoli e del prof. Filippo Antonio Iovine, Direttore del CSM di Barletta. Nel pomeriggio il palco del Teatro Curci ha ospitato performance artistiche e teatrali, un Question Mark dal titolo “Teorie Queer: possibile declinazione clinica” e un dialogo tra autori di testi sul tema.
Contemporaneamente si sono svolti due workshop, giochi di ruolo, esposizioni e dibattiti.