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Intervista a Teodora Mastrototaro: una vita dedicata alla poesia, all’arte e all’attivismo

1)Drammaturga e scrittrice, com’è nata la tua passione per il teatro e la scrittura?

1) Da quel che ricordo, ho sempre scritto. Una bimba che andava a capo prima della fine del rigo. Ad interpretarla ora, penso avessi bisogno di creare dei legami tra ciò che stava sopra e sotto, come se ogni verso fermentasse attraverso il precedente e il successivo. C’è un supporto interno, questo penso, un qualche materiale che s’avvia e su cui è impossibile non registrare, forse, registrarsi. È strano, ci si registra a voce spiegata ma in realtà la postura che si assume è quella del ricevere e assieme del dissipare, due categorie necessarie per attivare l’urgenza del dono. Perché i propri testi diventano altrui. Io lo dico sempre: fatene ciò che volete tranne la parafrasi, vi prego! Non c’è da svelare alcun segreto, solo da attraversare le frasi per lasciarsi smarrire. La certezza utilizza altre modalità di scrittura, la poesia è perdita, per fortuna. Se la poesia è un dono, io ho prima di tutto ricevuto nelle giornate trascorse con Silvia Plath, Ingeborg Bachmann, Amelia Rosselli e non vorrei rischiare di fare liste. Il teatro è arrivato attraverso la poesia e le librerie di mio padre. Ho avuto un approccio letterario al fatto teatrale per poi scoprirne la carne viva, dove le parole si fanno corpo e azione, come avviene anche con la poesia ad alta voce. E quindi, non faccio altro che proseguire questi tracciati a volte piani, altri scoscesi.

2) Il tuo secondo libro di poesie “Legati i maiali” è incentrato sulle sofferenze inferte agli animali allevati per essere macellati; come nasce l’idea di questa raccolta che, già nel titolo, contiene tutta la sua forza drammatica?

2) Nasce da uno spettacolo teatrale, Inumanimal, e non si tratta però di un travaso di testo. Inumanimal è incentrato sul viaggio nel carro bestiame dall’allevamento al mattatoio. Ero onnivora quando ho cominciato a prepararlo e produrre lo spettacolo ha significato per me produrre ciò che sono oggi, in un percorso che innanzitutto ha stravolto la mia empatia, le tradizioni acquisite, la mia alimentazione. Tutte le poesie del libro sono maturate in me mentre mi addentravo nel percorso/discorso antispecista. Ho vissuto sei anni con le immagini del libro strette a me, solo poi sono riuscita nel dono e nello scambio. C’è stato un crollo forte e Legati i maiali ne è stata la dinamite: è caduto il muro dell’ipocrisia attraverso lo studio per scrivere, così ho compreso quanto male stessi facendo agli animali che dicevo di amare. Sono poi arrivata all’attivismo. Posso dire che l’urgenza espressiva mi ha portato a cambiare comportamenti, usi, consumi e tradizioni. Sono in parte uscita dalla comfort zone come si suol dire ma le scelte che facciamo vanno rinnovate ogni giorno. Nessun passo è al sicuro dall’indietreggiamento. Tutti i testi di Legati i maiali hanno vissuto il mio cambiamento e sono cambiati con me. Un cambiamento doloroso quanto lo è la questione animale. Questo mio libro non chiuderà la storia della nostra violenza sugli animali ma spero possa agire come spazio di risonanza dove le loro grida si espandano, oltre le mura sempre spesse dei mattatoi. C’è chi mi ha scritto: “Ho letto il libro, ho smesso di mangiare carne”. Ecco lo spazio di risonanza.  Infine, ho voluto aprire anche uno spazio simbolico con il libro, uno spazio in cui rendere degni di lutto i loro corpi.
Nel mio piccolo continuo a credere che i linguaggi artistici possono concorrere alla soluzione, minando alle basi il linguaggio e le pratiche speciste.

3) L’argomento del libro è molto delicato e divisivo, hai trovato difficoltà a trovare un editore?

3) Ho avuto una risposta immediata da Marco Saya, l’editore che mi ha pubblicata – assieme al direttore di collana Antonio Bux – . Loro hanno sposato il progetto e penso che siano stati coraggiosi dato che, come accennato prima,  quest’  argomento è divisivo, e lo è per gli altri artisti, per i critici, per i miei genitori e parenti, amici, per tutti.

4) la tua vita da antispecista è cambiata e nei tuoi scritti c’è sempre una forte componente legata all’ impegno civico e al benessere degli animali, puoi raccontarci la tua esperienza come attivista? 

4) Come dicevo prima è attraverso la produzione di Inumanimal e la seguente scrittura di Legati i maiali che la mia vita è cambiata, e ho conosciuto l’antispecismo attraverso la pratica dell’attivismo. L’attivismo è passione e determinazione, sorrisi, abbracci e tanta fatica; è, di nuovo, una pratica del dono, ovvero di perdita egoistica in favore di un gesto collettivo che può avere diversi gradi di efficacia e legalità. Prima di spostarmi a Roma ho partecipato a diverse iniziative in Puglia, dove sono nata. Ricordo in particolare i sit-in di protesta pacifica davanti i mattatoi, alle sei del mattino col fiato paralizzato davanti i carri bestiame che entravano pieni e uscivano vuoti. E mentre i carri vuoti andavano si levavano le urla dalle pareti, i rumori dei macchinari della morte. Noi tutte e tutti li fuori sapevamo cosa stesse accadendo, con precisione. Dolore, rabbia e lo sfogo del pianto servono a cambiare. A Roma ho poi incontrato altre soggettività in movimento per la liberazione animale e assieme tutte e tutti condividiamo esperienze e fragilità. Tutto questo dolore non può essere gestito a livello personale, bisogna condividerlo e io posso gestirlo condividendolo con le compagne e i compagni del movimento antispecista nelle manifestazioni, nei presidi, nella lotta. L’attivismo è una pratica sfiancante e al contempo entusiasmante perché quando fai qualcosa in comune doni te stessa, è come perdersi in un gesto unico che può avere diversi gradi di efficacia e legalità.
Legati i maiali è un libro impegnato politicamente ed è quindi sicuramente divisivo. Legati i maiali è civile nei contenuti. Circa l’impegno per il benessere animale no, questo proprio no. Il problema si muove anche e proprio  nelle logiche del Benessere animale. La soluzione non è una vita migliore dell’animale per una carne più tenera o meno cruenta. Sono quindi molto lontana da questo concetto che diventa semplicemente un “volersi lavare la coscienza”. L’antispecismo non si deve occupare di modalità di allevamento o benessere animale, e di effetti sulla salute e sull’ambiente degli allevamenti, ma di critica all’esistenza stessa degli allevamenti per cambiare la relazione che abbiamo con gli altri animali: dal dominio alla liberazione.
Inoltre anche la sostenibilità dell’ecosistema non necessariamente va a braccetto con il rispetto dell’individuo e di tutti gli animali, quindi dal mio punto di vista non si è sostenibili se non si è antispecisti. Cito le parole di Rita Ciatti, amica e attivista,  “Il veganismo non è ambientalismo e nemmeno ecologia, non è un modo per salvare il pianeta, è una pratica quotidiana di opposizione e lotta alla normalità del considerare prodotti gli altri animali, alla gerarchia del valore delle specie in cui la nostra schiaccia tutte le altre, allo specismo.”

6) Secondo te quali possono essere le soluzioni davvero efficaci ed applicabili per poter ottenere un futuro più rispettoso di tutte le forme di vita?

6) Purtroppo non ho soluzioni se non quella di studiare, conoscere e coltivare l’empatia e arrivare alla consapevolezza che non siamo superiori a nessun essere vivente e che non siamo in cima ad una piramide ma all’interno di un cerchio con tutti gli altri esseri non umani. Per il resto, ci servono delle normative, delle leggi riguardanti filiera alimentare, ricerca scientifica, moda, intrattenimento ecc. che preservino dal dolore ogni essere senziente.  L’antispecismo, un pensiero che si contrappone allo specismo (con quest’ultimo si intende l’attribuzione di un diverso valore e status morale agli individui unicamente in base alla loro specie di appartenenza) ed è strettamente legato al movimento di liberazione animale. Gli antispecisti basano la propria visione del mondo sull’idea che l’uomo non ha alcun diritto di disporre a proprio piacimento della vita di qualunque essere vivente  solo perché potenzialmente in grado di farlo. Cito qui le parole di un attivista e amico,

“Posso mangiarli, quindi li mangio.

Posso indossarli, quindi li indosso.

Posso cacciarli, quindi li caccio.

Posso pescarli, quindi li pesco.

Posso addestrarli, quindi li addestro.

Posso usarli, quindi li uso.

La ragione è quella della violenza, ma dietro quel posso che significa potere anche come sostantivo, come potenza, c’è sempre: “sono solo animali.””

Coloro che cercano di denigrare l’antispecismo sostengono che la specie umana “deve fare i propri interessi”, esattamente come tutte le altre. Una teoria che però non tiene conto di un aspetto fondamentale: ogni specie vivente “fa i propri interessi” ma nessun animale, eccetto l’uomo, stravolge l’equilibrio delle altre forme di vita, o uccide, sfrutta e massacra per il proprio tornaconto.  Cosa giustifica allora questo trattamento? L’esercizio istituzionalizzato della violenza perché possiamo fare tutti questo agli animali e lo facciamo.

7) Quali sono i tuoi prossimi progetti come scrittrice e attivista?

7) Progetti imminenti, la pubblicazione freschissima del mio nuovo libro di poesia “Zoologia abitativa” – Arcipelago Itaca edizioni. A fine Giugno la pubblicazione di un libro di poesie antispeciste scritto con il poeta Massimo D’Arcangelo e arricchito dalle illustrazioni di Silvia Colafrancesco in arte Revers Lab. Circa il teatro, molto probabilmente in autunno debutterà la lettura scenica del mio monologo “Il Riflusso” (dalle reali testimonianze dei lavoratori dei mattatoi), già pubblicato sulla rivista di critica antispecista Liberazioni n 51. Mi sto dedicando alla stesura di altri progetti. Come attivista, sfortunatamente ogni giorno ci troviamo davanti a situazioni di sfruttamento, ingiustizie subite dagli animali e sono, siamo, sempre tutte pronte a scendere in piazza.

Biografia:

Teodora Mastrototaro, drammaturga e poetessa, attivista per i diritti animali, antispecista, è nata a Trani nel 1979, vive a Roma. Ha esordito con la raccolta Afona del tuo nome (La Vallisa, 2009), tradotta dal poeta americano Jack Hirschman con il titolo Can’t voice your name (CC. Marimbo, 2010). Ha pubblicato Legati i maiali (Marco Saya, 2020), finalista al premio Arcipelago Itaca per la sezione Raccolte Inedite, vincitore del Premio Speciale Del Presidente Di Giuria al concorso Bologna In Lettere 2021, segnalato al premio di poesia e prosa Lorenzo Montano 2021. Il suo libro Zoologia abitativa ha ricevuto la Segnalazione al premio di poesia e prosa Lorenzo Montano 2022 per la sezione libro inedito. Le sue poesie Carne e Gabbia sono state pubblicate sulla rivista di critica antispecista Liberazioni n.50. (2022). Ha pubblicato nel volume collettivo tutto al femminile, Bestie – femminile animale (Vita Activia Nuova APS, 2023)
Il racconto Il Mattatoio è stato pubblicato sul Magazine radicale internazionale Menelique.
Il monologo  Il riflusso (dalle reali testimonianze dei lavoratori dei mattatoi) è stato pubblicato sulla rivista di critica antispecista Liberazioni n.51 (2022).
La sua ultima pubblicazione è  Zoologia abitativa (Arcipelago Itaca edizioni – 2023)
È stata direttore artistico per sette anni del festival Notte di poesia al dolmen (Bisceglie). Nell’anno accademico 2013–2014 ha tenuto il Pon “Tra rime e ritmi – giocare con la poesia” presso la scuola elementare Massimo D’Azeglio a Barletta (Bari).
Tra i suoi spettacoli: A pelle è figlio di Apollo. Ciò che conta è la carne (festival Filecenza-Libri sotto gli alberi), Le pareti di Antigone (Festival Internazionale di Andria Castel Dei Mondi), Delirio registico (Roma Fringe festival), La seconda stanza (Festival delle donne e dei saperi di genere), Alda – nell’intimità dei misteri del mondo (Festiva di letteratura I Dialoghi Di Trani), A Senza nome (col patrocinio di Amnesty International Italia e dell’Associazione nazionale Antigone, Arci Puglia, Artisti 7607), Felicia – Frammenti di Felicia Impastato, Inumanimal (vincitore al Festival delle Arti Luccica come miglior Atto Performativo), Rape Rack – Asse da stupro – concerto scenico.

 

 

 

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