Il body shaming è traducibile come “umiliazione del corpo” (da “shame”, vergogna) e sta ad indicare una pratica di derisione nei confronti di una persona, che la fa vergognare del proprio aspetto fisico.
Purtroppo, la nostra società ci impone ogni giorno di seguire dei prototipi di fisicità dettati dai media, da modelle, cantanti e artisti con corpi perfetti, che non invecchiano mai. Spesso sui social network tanta gente, mascherandosi dietro account falsi, commenta a sproposito post altrui, umiliando e denigrando gratuitamente l’aspetto fisico di altre persone.
Il body shaming può diventare reato se dovesse essere fatto in modo da integrare gli elementi tipici di alcuni tipi di violazione, come ad esempio la diffamazione e lo stalking.
La diffamazione di cui all’art. 595 c.p. consiste nell’offesa alla reputazione altrui, comunicando con più persone e in assenza della persona offesa, proferendo commenti ingiuriosi o poco riguardosi. Questa si può integrare anche a mezzo social network. In simili casi si tratta di diffamazione aggravata, perché il commento poco riguardoso viene fatto in modo che chiunque lo possa leggere. Il body shaming fatto su internet può diventare diffamazione aggravata, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni, oppure con la multa non inferiore a cinquecento sedici euro. Perché il body shaming diventi diffamazione, però, è necessario che almeno due persone abbiano avuto conoscenza dell’offesa e che la stessa sia idonea a offendere la reputazione della vittima.
Ma vi è di più!
Il body shaming potrebbe integrare il reato di atti persecutori (o stalking) di cui all’art. 612 bis c.p., se il comportamento denigratorio dovesse essere ripetuto in modo costante nel tempo e risulti tale da ingenerare nella vittima uno stato di ansia persistente o un grave stato di turbamento.
Leoni da tastiera, occhio alla legge!
avv. Lucia Lonigro