“Quelle al sud sono tappe necessarie” scrive su Instagram Flavia Carlini, dopo aver presentato ieri sera a Barletta il suo libro “Noi vogliamo tutto”.
In effetti, la sua presentazione alla Mondadori Store, in un inedito corso Vittorio Emanuele adibito a isola pedonale, è stata non solo necessaria a far luce su temi poco esplorati e di grande interesse collettivo, ma anche straordinariamente illuminante.
Sedie all’aperto, decisamente poche rispetto all’affluenza di persone interessate ad ascoltarla, e un lungo dialogo con l’avvocata Grazia Corcella, responsabile del “Centro per la Famiglia” di Barletta.
Così Flavia Carlini, attivista politica e divulgatrice, racconta al pubblico barlettano il suo libro fatto di storie vere e di “cronache da una società indifferente”; al tempo stesso dice tanto di sé, non si autocensura neanche per un momento, non si risparmia e slegata da pregiudizi e deferenze ribadisce con forza tutto ciò che ha maturato e poi messo per iscritto.
Inizia la conversazione parlando del suo attuale ruolo di vicepresidente dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti Fondamentali della Persona. Una denominazione all’apparenza complessa che indica qualcosa di estremamente semplice: un esperimento apartitico che prevede la partecipazione attiva dei cittadini e delle cittadine al dibattito politico. Un modo per avanzare proposte di legge e discutere di diritti umani inviolabili, attivismo gratuito in sostanza, che Flavia definisce sicura come “la cosa fatta finora di cui vado più fiera”.
Il filo del discorso torna subito sui temi cardine del suo libro.
“Noi vogliamo tutto” è in grado di lanciare un messaggio chiaro ed inequivocabile già con il solo titolo. Il “noi” ingloba l’intera umanità, senza esclusione di sorta, senza alcuna differenza di genere, etnia o religione. Il “tutto” invece fa pensare ad una vera e propria pretesa perché, come dice Flavia, “sui diritti non si può scendere a compromessi, sui diritti non si può patteggiare”. E allora il primo passo per acquisire davvero consapevolezza su tutto ciò che ci circonda è scambiarci esperienze, porci le doverose domande e soprattutto guardare la realtà con la giusta capacità critica e anche la giusta rabbia, se serve.
Proprio come fa lei nelle pagine del suo testo e nelle tappe di presentazione che compie in giro per l’Italia.
Dalla violenza di genere ormai radicata nella nostra società (“io non conosco una sola donna che non abbia subito forme di molestie o di violenza” – afferma) alle discriminazioni sul posto di lavoro. Flavia Carlini denuncia a gran voce tutto ciò che non va e lo fa “per chi non ha più voce e per chi deve ancora scoprire la propria”. Parla di come la medicina mondiale ancora oggi discrimini, forse involontariamente, donne e persone nere in quanto “costruita attorno al corpo bianco maschile”; di patologie invisibili, o meglio rese tali dallo Stato, che fanno male; di endometriosi, di vulvodinia, di neuropatia del pudendo e di come queste malattie invalidanti spesso non trovino diagnosi né cura ma solo tanta non curanza.
Classe 1996, Flavia è una delle voci indipendenti più seguite sui social. Partecipa a trasmissioni televisive, podcast, programmi radiofonici e vanta migliaia di follower. Eppure, come lei stessa racconta, trascorre buona parte del suo tempo a manifestare.
“Ha ancora senso scendere in piazza nonostante quel grande megafono che ci viene offerto dai social?” – le chiede Grazia Corcella. “Manifestare è l’unico modo che abbiamo per dimostrare alla politica che la popolazione è consapevole, che si rende conto degli errori e delle atrocità che vengono commessi. I social, le petizioni sono importanti ma sono impalpabili, un po’ effimeri. Una piazza piena invece non la puoi negare, non la puoi svalutare” – risponde.
Ed è proprio nelle piazze colme di ragazzi pronti a ribellarsi, nella folla di persone che accorrono alle sue presentazioni che la Carlini riesce a percepire un vento di cambiamento. “Avverto l’insofferenza delle persone, sento che non siamo più disposti ad accettare il compromesso. C’è uno spirito critico nell’aria, la gente non è più disposta a farsi anestetizzare dall’informazione. Sono piena di speranza in questo senso”.
Un incontro quindi, quello con Flavia Carlini, che ha fatto da preludio a quanto di incredibilmente autentico ed attuale c’è nel suo libro. Ma anche un’occasione per interrogarsi e capire che probabilmente il nostro non è il migliore dei mondi possibili (come a molti piace credere) e che per cambiarlo occorre non accontentarsi, non cedere alle contrattazioni, o almeno non farlo sui diritti, volere tutto, anzi pretenderlo.