Direttore Antonio Sarcina

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Quando sarò davvero felice?

La domanda esistenziale per eccellenza

Molto spesso parliamo della felicità come se fosse qualcosa di irraggiungibile, troppo distante da noi.

“Sarò felice solo quando mi laureerò”, “sarò felice quando raggiungerò certi risultati in palestra”, “sarò felice solo quando avrò più soldi”. Quante volte abbiamo commesso l’errore di associare la felicità esclusivamente ad un obiettivo?

La società in cui viviamo ci manda in tilt con messaggi contrastanti: ci insegna a trovare la felicità nelle piccole cose, ma allo stesso tempo ci spinge a non accontentarci mai. Dobbiamo essere grati per ciò che abbiamo, ma anche puntare sempre più in alto.

E allora? Come si fa a trovare un equilibrio?

La verità è che non dovremmo essere felici solo il giorno della nostra Laurea, ma anche celebrare ogni piccolo passo che ci avvicina a quel traguardo. Non dovremmo pensare che la felicità risieda in un fisico perfetto, ma piuttosto nel percorso di impegno e costanza che ci porta a migliorare. La felicità non dovrebbe mai dipendere esclusivamente da qualcosa di materiale, perché una volta ottenuto, l’euforia svanisce.

Bisognerebbe essere affamati di emozioni, cercare ciò che ci fa sentire vivi. Andare ai concerti, uscire con i nostri amici, ridere fino alle lacrime, imparare a ironizzare sulle difficoltà quotidiane. Allontanarsi dall’apatia e dalla passività, perché la vita è troppo breve per essere vissuta in attesa di un futuro perfetto che forse non arriverà mai.

La felicità è l’unica cosa che, in questo mondo materialista, non possiamo acquistare. Possiamo comprare una stella, possiamo viaggiare dall’altra parte del mondo, ma il “pacchetto felicità” non ce lo venderà mai nessuno.

In Giappone esiste una leggenda bellissima, quella del Kintsugi, che insegna ad esaltare la bellezza anche nelle crepe. Questa antichissima pratica prevede la riparazione di ceramiche rotte con lacca mescolata a polvere d’oro, trasformando le fratture in preziosi segni distintivi. Invece di nascondere le imperfezioni, il Kintsugi le valorizza, mostrando che anche le ferite possono dare origine a qualcosa di unico e meraviglioso.

Forse dovremmo imparare a fare lo stesso con la nostra vita: fermarci un attimo, guardarci intorno e riconoscere la felicità in ciò che ci circonda. In una giornata di sole, in una battuta di un amico, nella gratitudine per quello che abbiamo, nella bellezza del mare o nella serenità di un momento di pace.

La felicità non è un traguardo, ma il viaggio stesso; basta solo fermarsi e rendersene conto: ci sarà sempre un buon motivo per essere felici e celebrare la vita.

Articolista di barlettaweb24, il primo quotidiano on line del gruppo, giovane e innovativo, si pone l’obiettivo di coinvolgere i lettori e renderli attivi e partecipi sul proprio territorio, attraverso notizie costantemente aggiornate e approfondite.

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