“Dopo solo circa sei anni – un battito di ciglia se consideriamo l’eternità – il sottovia di via Vittorio Veneto ha finalmente riaperto. I cari amministratori di qualunque colore politico hanno fatto la loro brava parata con la prioritaria ambizione di appuntarsi la “stelletta”. Le campane suonano a festa, i cori angelici si alzano al cielo, e i cittadini finalmente possono riappropriarsi di un pezzo di città che sembrava destinato a restare intrappolato in un cantiere senza fine. È proprio così: la lunga attesa è giunta al termine, e noi, con il cuore gonfio di emozione, possiamo solo immaginare la gioia straripante che pervade i residenti. O forse no?
Non facciamoci prendere dall’entusiasmo troppo in fretta. Se da un lato c’è chi si inchina di fronte alla maestosità di questa opera, dall’altro c’è chi ancora si gratta la testa, confuso e preoccupato. Pare infatti che, nonostante l’apertura, il cantiere sia ancora lì, ben visibile e per nulla intenzionato a lasciare il palcoscenico. Un dettaglio insignificante, direbbe qualcuno. Perché chi non ama attraversare un sottovia con un cantiere attivo ai lati e sulla testa? L’adrenalina, la suspense, la domanda esistenziale “Riuscirò a passare indenne?” – sono tutte emozioni che arricchiranno ulteriormente la vita quotidiana dei cittadini barlettani che si chiedono in capo a chi sia la responsabilità di questa apertura “zoppa” e sulla quale sarebbe stata tranquillizzante una dichiarazione da parte di RFI, titolare del progetto.
Certo, c’è chi insiste nel sollevare dubbi sulla sicurezza. Piccolezze! Gli ingegneri avranno sicuramente fatto tutti i calcoli necessari, e se qualche gru o camion è ancora lì, magari è solo per bellezza. Un tocco di stile industriale, un omaggio ai tempi in cui il lavoro non finiva mai. Forse è la nuova tendenza urbana: sottovia-cantiere, una combinazione che fa discutere e che dà quel tocco di modernità a una città che, altrimenti, rischierebbe di diventare noiosamente funzionale.
Nel frattempo, vi invitiamo a godervi questa nuova esperienza sensoriale. Il brivido di passare tra le transenne, il rumore degli attrezzi, il profumo di cemento fresco… una sinfonia urbana che ci ricorda quanto sia bello vivere in una città in perenne evoluzione. E se qualche dubbio sulla sicurezza vi assale, non preoccupatevi: il cantiere, semiaperto o semichiuso (dipende dalla prospettiva) con tutta probabilità, resterà con noi ancora un po’. Magari altri sei anni”.
L’articolo rispecchia il mio irrequieto animo. La giusta e doverosa ironia per descrivere “un’immane” opera “semi aperta o semi chiusa” per la quale i cittadini hanno fortemente patito ben oltre il dovuto e per la quale gli amministratori, purtroppo, se ne fanno scioccamente vanto. Complimenti al redattore