Si è tenuto questa mattina presso la Sala Conferenze del Castello di Barletta il workshop “Cinema del Reale” con Marco Spagnoli, regista, sceneggiatore, giornalista e critico cinematografico.
L’incontro, organizzato in occasione del South Italy International Film Festival, ha visto la partecipazione degli studenti di Cinema, Fotografia, Audiovisivo dell’Accademia di Belle Arti di Foggia.
Candidato tre volte al David di Donatello e vincitore di due Nastri d’Argento, Marco Spagnoli ha illustrato agli studenti consigli e suggerimenti sulla creazione di un punto di vista per la realizzazione di un documentario.
Al termine del workshop abbiamo rivolto al regista Marco Spagnoli alcune domande.
Com’è nato il docufilm “Franco Battiato -La voce del padrone”, vincitore del Nastro d’ Argento 2023 nella sezione Cinema, Spettacolo, Cultura?
“Io sono uno di quei ragazzini che a 12 anni ha comprato l’audiocassetta de “La voce del padrone” che, da quarant’anni, è una delle colonne sonore della mia vita. Sono sempre stato fan di Battiato e facendo il giornalista ho avuto modo di incontrarlo più volte. Battiato diceva di riconoscere la mia voce tra mille…Eppure a fronte di tanti progetti che sono stati delle mie idee, il documentario su Franco Battiato mi è stato proposto da una produttrice. Quando siamo arrivati alla definizione del film lei però ci ha ripensato e questo racconto è rimasto chiuso nel cassetto.
Nel frattempo Franco Battiato è morto e in occasione dell’anniversario della “Voce del padrone”, insieme ad un produttore, ho scelto di rivedere il progetto alla luce del fatto che il maestro fosse ormai scomparso. Ho cambiato il punto di vista del racconto, adattandolo al tempo che era passato.
Si tratta di un racconto contemporaneo di una grande personalità della musica italiana che continua ad essere presente attraverso le sue canzoni. Il film ha avuto un ottimo riscontro in termini di critica e di pubblico, ma per me il complimento più bello rimane quello della gente che mi dice che da quando ha visto il mio documentario, non smette di ascoltare Battiato. Sono un giornalista, un narratore, sono stato bravo a raccontare la storia di questo grande maestro, ma i meriti sono di Battiato. Ciò che mi rende felice, al di là degli applausi e dei riconoscimenti, è che la sua storia venga ricordata.”
I suoi documentari sul cinema approfondiscono il rapporto tra la realtà cinematografica statunitense e quella italiana. Com’è cambiato questo rapporto nel corso del tempo?
“Il rapporto tra l’Italia e l’America è un rapporto che c’è da sempre, da molto prima di quello che pensiamo…Il primo film realizzato in Italia dagli americani è “The Eternal City”, un film muto del 1914, parliamo di 109 anni fa. È chiaro che in un secolo di storia le cose cambiano, nel mezzo ci sono state ben due guerre mondiali, la guerra fredda, è evidente che tutto è cambiato. Ciò che è successo adesso è un ritorno alla “Hollywood sul Tevere”: tantissimi sono gli americani che scelgono di ambientare i loro film a Roma o comunque in Italia. Tantissime sono anche le pellicole americane o internazionali girate in Puglia. Sicuramente questo incremento di produzioni si deve in gran parte alla Tax Credit, la legge che favorisce la restituzione delle tasse alle produzioni.”
Il suo workshop “Cinema del reale”, tenutosi questa mattina, si inserisce all’interno del South Italy International Film Festival. Cosa ne pensa di questo progetto e com’è stata la sua partecipazione a questo festival del Sud?
“Per me progetti come questi sono molto importanti, non soltanto perché educano i ragazzi alla cultura, ma perché li formano al lavoro. Un workshop come quello di oggi è una scelta culturale ben precisa. I festival, gli eventi culturali in generale servono a seminare… non hanno necessariamente un ritorno immediato. Non vanno organizzati per la gloria o per i premi, ma per stimolare le nuove generazioni: tra i ragazzi presenti in sala potrebbe essercene uno che, a partire da questo workshop, farà strada come attore, sceneggiatore, direttore alla fotografia…
È importante scommettere sulla cultura, soprattutto in una terra giovane, colta ed illuminata come la Puglia. È una regione magnifica che ha una delle Film Commission più importanti, ma dovrebbe investire maggiormente sulla promozione del suo territorio, sul cosiddetto cineturismo.”