Con l’arrivo delle ciliegie e dei tramonti serali sul mare, maggio si fa portavoce del rosso. Sbocciano anche le prime rose, che verranno raccolte e donate in questa seconda domenica del mese, durante la quale, in Italia, viene tradizionalmente celebrata la Festa della Mamma. Spesso insieme al mazzo di fiori, alle mamme vengono dedicati bigliettini in cui vengono descritte come eroine, equilibriste o atlete olimpioniche.
Per quanto tali lusinghe certamente riempiano il petto di una madre che sente i suoi sforzi gratificati, potrebbero scaturire un pensiero dal retrogusto amaro: quella consapevolezza che si potrebbe ricevere un aiuto statale in più. Perché è pericoloso far passare il messaggio che una madre debba naturalmente sacrificarsi di più. Perché molte farebbero volentieri a meno del titolo di “campionesse” e di vivere la maternità come un volteggiare tra un salto mortale e l’altro.
Che sia chiaro: essere un genitore è un’impresa enorme e rappresenta una delle principali sfide della vita di chi sceglie la genitorialità, ma in Italia si ha la sensazione di non ricevere una mano tesa che consenta il raggiungimento di un equilibrio.
Forse nella giornata che le celebra, si potrebbero spendere parole meno banali e felici: si potrebbe dire che le mamme sono quasi tutto l’anno ostacolate, ignorate, esauste e rinunciatarie. Disparità di genere, discriminazioni, sacrifici lavorativi e “velato” sessismo sono la consueta cornice del mondo femminile in generale, che tende ad acutizzarsi in quello della maternità.
E mentre negli studi televisivi pubblici sette uomini discutono sul diritto d’aborto e nelle sedi di colloquio si analizza ancora il più o meno spiccato desiderio di maternità della candidata, i dati italiani parlano chiaro e non nascondono la fotografia sociologica appena descritta.
Il rapporto “Mamme equilibriste” di Save The Children analizza ogni anno il cosiddetto “motherhood penalty”, in particolare il testo del 2024 afferma che:
“se per tutte le donne il rapporto con il mondo del lavoro appare complesso, per le madri il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia rappresenta una sfida ancor più difficile. […] si osserva una disparità nell’occupazione in base al genere e alla presenza o meno di almeno un figlio nel nucleo familiare. Per gli uomini di età compresa tra i 25 e i 54 anni, il tasso di occupazione totale è dell’83,7%, con una variazione dal 77,3% per coloro senza figli, al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ne ha due. Per le donne, la dinamica è opposta: il tasso di occupazione totale è più basso, del 63,8%, con il picco massimo (68,7%) tra le donne senza figli e il picco minimo (57,8%) tra quelle con due figli minori, mentre quelle con un figlio minore si attestano al 64.9%. […] Se le madri lavorano meno delle non madri, ciò non avviene per gli uomini, dove, anzi, sono i padri ad essere più occupati dei non padri.”
Posto che la scelta di non diventare mai madri è sacrosanta e legittima, non si può non dire che la maternità un po’ spaventa quelle che invece vorrebbero dei figli nel loro futuro, ma con la prospettiva di un bivio e documentate rinunce.
In questo giorno, dunque, rinnoviamo i nostri auguri a quelle donne che nonostante tutto hanno scelto la maternità, non dimenticando, però, tutto ciò che la scelta può aver comportato.
Auguri soprattutto a quelle mamme che lottano contro i propri pensieri contrastanti, a coloro che baciano i propri figli dopo aver scelto di sacrificare la loro carriera, alle mamme sole e a quelle sopraffatte dai sensi in colpa, auguri alle mamme definite “meno mamme”, perché affidano i figli ai papà, alle neo mamme che faticano a riprendersi dalla depressione post-partum e a tutte quelle donne che nel loro essere madri sentono i loro sforzi sviliti.